Delitto Ammaturo: Cutolo
decisivo per riaprire il caso

Delitto Ammaturo: Cutolo decisivo per riaprire il caso
di Gigi Di Fiore
Sabato 13 Ottobre 2018, 09:31 - Ultimo agg. 11:37
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Sono passati 36 anni e una verità giudiziaria rimasta a metà. L’ultimo appello di Gilda Ammaturo è di una settimana fa a Contrada, il paese irpino dove era nato il padre: «Riaprite l’indagine sull’omicidio». È l’agguato al vice questore Antonio Ammaturo, ucciso con l’agente Pasquale Paola da cinque brigatisti rossi sotto casa in piazza Nicola Amore a Napoli il 17 luglio del 1982, il mistero che la famiglia chiede di risolvere. Le sorelle Gilda, Maria Cristina e Grazia non si rassegnano.

L’INDAGINE
«In assenza di fatti nuovi, tecnicamente non è possibile riaprire l’indagine sull’omicidio - dice il procuratore capo di Napoli, Gianni Melillo - Quando, nell’inchiesta sui rapporti tra politica e camorra avviata nel 1993, ci occupammo di quella vicenda, interrogai tutti quelli che potevano sapere qualcosa. Non fu possibile andare oltre le ipotesi». Erano gli anni del dopo-terremoto, della campagna napoletana delle Br. Il caso dell’assessore regionale Dc, Ciro Cirillo, sequestrato e poi liberato dopo una trattativa gestita da esponenti democristiani che chiesero aiuto in carcere al capocamorra Raffaele Cutolo, teneva banco. Era una vicenda delicata, che coinvolgeva potenti come gli esponenti nazionali della corrente dorotea Flaminio Piccoli e Antonio Gava. Materia scottante, su cui i veli erano tanti. Sostiene e ha scritto nel suo recente libro Carlo Alemi, il giudice che condusse la tormentata istruttoria sul sequestro Cirillo: «L’ipotesi di un omicidio eseguito dalle Br su indicazioni della camorra e delle personali indagini svolte da Ammaturo sul sequestro Cirillo non ha avuto conferme, ma è plausibile per alcune circostanze, come il troppo breve lasso di tempo trascorso dal precedente attentato a Napoli delle Br (l’omicidio dell’assessore regionale Raffaele Delcogliano) e l’approssimazione dell’attentato». 

LE CONDANNE
Sono cinque i brigatisti che furono condannati all’ergastolo per l’agguato ad Ammaturo: Vincenzo Stoccoro, Emilio Manna, Stefano Scarabello, Vittorio Bolognesi, Marina Sarnelli. Furono intercettati, fuggirono nei vicoli di Forcella dove trovarono ospitalità da un affiliato del clan Giuliano di Forcella. Un attentato organizzato male. E Lovigino Giuliano, il capocamorra di Forcella da tempo collaboratore di giustizia che vive ora nel Lazio, disse a un processo il 3 novembre 2004: «Ho fatto un macello con le Br che uccisero il vice questore Ammaturo».
Furono aiuti casuali o richiesti prima, quelli dati alla fuga dei brigatisti nelle strade di Forcella? Di certo, Antonio Ammaturo era un poliziotto tenace, uno di quelli che non amava i compromessi e le mezze misure. A Giugliano arrestò il capocamorra Alfredo Maisto, che aveva rapporti con esponenti Dc, e fu trasferito. Arrestò Roberto, il figlio di Raffaele Cutolo poi ucciso a Milano. Entrò per una perquisizione nel famoso castello di Ottaviano, acquistato da Cutolo. Condusse, senza averne avuto delega, una sua personale indagine sul sequestro Cirillo. E Grazio Ammaturo, il fratello di Antonio morto in Tunisia per un incidente stradale, rivelò: «Al telefono mi ha detto di aver scoperto qualcosa che farà tremare Napoli».

Qualcosa che Antonio Ammaturo aveva scritto in un documento inviato al ministero dell’Interno e al fratello. Ha scritto Alemi: «Cercai di acquisire almeno una copia della relazione, ma dal Ministero mi comunicarono che non ve ne era traccia e la copia al fratello Grazio non è mai arrivata». Un’indagine accurata, con carte trovate durante alcune perquisizioni, anche per rivalsa verso quel mondo politico che ne aveva chiesto il trasferimento, dopo l’arresto di Maisto: Ammaturo ci si mise d’impegno. Non temeva Cutolo e, in un’intervista televisiva, lo definì «un cialtrone, ogni parola che dice suona subdola, carica di secondi fini». Nelle sue dichiarazioni, il pentito Pasquale Galasso accreditò la pista dell’omicidio chiesto da Cutolo alle Br: «Cutolo aveva un fortissimo legame con Gava e altri politici dorotei; acquisì contatti con le Br nelle trattative per la liberazione di Cirillo». E nell’interrogatorio che fece in Uruguay con i pm Gianni Melillo e Paolo Mancuso il 3 maggio del 1994, Corrado Iacolare, uno dei «santisti» di Cutolo nella vicenda Cirillo, ammise: «Non posso escludere né confermare che le Br abbiano chiesto indirizzi di magistrati e funzionari di polizia a Cutolo. Peraltro, Ammaturo maltrattò me e Giuliano Granata, che dava un alibi a Maisto, nelle indagini sull’omicidio Mallardo». Ma nessun riscontro è stato trovato. Solo un pentimento di Cutolo potrebbe aprire la verità piena sui mandanti dell’omicidio Ammaturo. Anche l’annunciata collaborazione del cutoliano Pasquale Scotti, infatti, si è dimostrata di poco rilievo. Ma le figlie di Ammaturo continuano, a fasi alterne, a sperare che prima o poi sulla morte del padre si faccia piena luce. 
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