Distrofia retinica ereditaria: «Così curiamo il Dna malato e restituiamo la vista a 12 bambini»

Distrofia retinica ereditaria: «Così curiamo il Dna malato e restituiamo la vista a 12 bambini»
di Ettore Mautone
Martedì 19 Ottobre 2021, 16:00 - Ultimo agg. 20 Ottobre, 16:37
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Restituire la vista ai bambini i cui occhi si spengono a causa di una retina gravemente danneggiata da un deficit genetico ereditario. Riparare il Dna malato sostituendone un singolo tratto (gene Rpe65) con una microscopica puntura molecolare. Parliamo della cura della distrofia retinica ereditaria legata a mutazioni in entrambe le copie del gene Rpe65. Una condizione patologica che finora suonava come una condanna. Dall'inizio dell'anno 12 pazienti ipovedenti sono stati trattati con questa cura riacquistando una vista soddisfacente mantenuta nel tempo. Dopo 20 anni di ricerche portate avanti pionieristicamente dal gruppo di Alberto Auricchio, ordinario di genetica dell'Università Federico II, responsabile del progetto di terapia genica del Tigem di Telethon, grazie all'affiancamento del tempo multidisciplinare dell'Università Vanvitelli guidati da Francesca Simonelli, ordinario di Oftalmologia e direttrice della Clinica Oculistica dell'Ateneo campano, Napoli diventa il riferimento italiano per questo tipo di cure.

Tre malati sono giunti dalla Lombardia, quattro dal Piemonte, uno dalla Liguria e un altro dall'Umbria, tre dalla Puglia. La migrazione sanitaria inverte la rotta: in tutto dieci bambini hanno riacquistato la vista grazie alla prima terapia genica per distrofie retiniche ereditarie effettuata a Napoli. Famiglie che si sono trasferite città per un mese per consentire di trattare un occhio alla volta e che sono tornate a casa con la luce restituita agli occhi dei loro figli. Una terapia nuova, approvata a inizio gennaio dall'Aifa e che ha spinto la Regione già a febbraio ad anticipare i fondi. «Una cura - spiega Simonelli - che ha visto il suo esordio circa 15 anni fa, con una sperimentazione di fase I realizzata grazie alla collaborazione tra l'Università Vanvitelli, la Fondazione Telethon e il Children Hospital di Philadelphia.

Un lavoro di studio lungo e complesso - spiega la ricercatrice napoletana - durato 20 anni con studi in vitro e su modelli animali che nel 2008 ci ha visto impegnati a trattare i primi tre pazienti al mondo con risultati che apparvero significativi». Nel 2019 la cinica oculistica della Vanvitelli è stato il primo centro certificato in Italia per l'utilizzo di Luxturna. Un centro di alta specializzazione, quello partenopeo, creato nel 1990, diventato nel 2006 centro di riferimento regionale e inserito dal 2011 nella rete nazionale e nel 2016 in quella Europea delle malattie rare oculari e che, nel 2017, con la fondazione Telethon, ha realizzato un'unità di terapie oculari avanzate. 

«Un successo che conferma l'eccellenza della sanità campana nella capacità di visione, nella ricerca scientifica e nella pratica clinica - ha detto il presidente della Regione ieri alla presentazione in sala giunta - e che rende Napoli un punto di riferimento a livello nazionale». Un tassello - secondo De Luca - della rivoluzione in atto nelle politiche per la Salute in Campania che passano per il completo riordino, entro tre anni, della rete delle cure pediatriche che avranno la priorità nel Piano di nuove strutture ospedaliere da realizzare. Soddisfazione anche dal rettore Gianfranco Nicoletti, dal manager dell'azienda ospedaliera universitaria Antonio Giordano. «I dieci pazienti trattati oggi possono scrivere, leggere e muoversi in autonomia. I risultati che abbiamo ottenuto - ha concluso Simonelli - allargamento del campo visivo, aumento della capacità visiva da vicino, da lontano e in condizione di scarsa luminosità - hanno un profondo valore scientifico e clinico oltre a testimoniare che, in una patologia degenerativa, la via del trattamento precoce è quella vincente. Il nostro centro in Europa ha la maggiore casistica di pazienti in età pediatrica trattati con Luxturna mentre fino a gennaio scorso non avevamo terapie approvate per il trattamento delle distrofie retiniche ereditarie».

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