Donazione degli organi, la storia di Amleto: «Tre donne vivono grazie a mia mamma»

Donazione degli organi, la storia di Amleto: «Tre donne vivono grazie a mia mamma»
di Davide Cerbone
Sabato 28 Dicembre 2019, 19:41 - Ultimo agg. 29 Dicembre, 08:02
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A dispetto del nome e della giovane età, Amleto non ha avuto dubbi: di fronte al dramma, ha deciso di essere. Essere straordinario. «Era il febbraio del 2016, mia madre aveva avuto un ictus e dopo una settimana passata in rianimazione al Cardarelli i medici ne avevano dichiarato la morte cerebrale», racconta. Da quella sala l’anestesista uscì con una sentenza di condanna e con un interrogativo ponderoso: «Ci disse che il cuore batteva ancora, ma lei non c’era più. E un attimo dopo ci chiese se volevamo donare gli organi, mettendoci davanti ad una scelta complicatissima. Istintivamente, avrei voluto mandarlo al diavolo: mamma aveva solo 49 anni, io ne avevo 18. Ma poi, messa da parte la rabbia, capii che quella era l’occasione per farla continuare a vivere, per dare un seguito all’opera generosa che aveva portato avanti fino a pochi giorni prima». Nei giorni in cui il mondo si veste a festa, Amleto rivive il suo «sì» all’espianto delle cornee, del cuore e dei reni della donna che l’ha messo al mondo. Lo fa con un dolore trattenuto, davanti ai giovanissimi trapiantati e in attesa di trapianto del Monaldi, ai loro parenti e ai loro amici, tutti riuniti nell’aula magna dell’ospedale per la giornata conclusiva della “Settimana del Dono”, ciclo di incontri e eventi dedicati al tema della donazione degli organi, realizzato in collaborazione con il Centro regionale trapianti, diretto da Antonio Corcione.

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Quale momento migliore del Natale, del resto, per dare inizio a una nuova vita? Quale migliore occasione per fare un regalo che dura una vita? «Con papà e con mia nonna non ne avevamo mai parlato prima, e avevamo solo pochi minuti per decidere. Per prendere certe decisioni così in fretta ci vuole coraggio e lucidità, ma mamma ha fatto sempre tanto per gli altri: era molto impegnata in parrocchia, seguiva nello studio i ragazzini che avevano più difficoltà ed era il collante della famiglia. Per questo, ci siamo guardati negli occhi e subito abbiamo capito che lei avrebbe voluto così», ricorda Amleto. Insegnandoti con la maturità di chi ha già entrambi i piedi nel mondo dei “grandi” che, vista da qui, anche la più grande delle umane disgrazie può diventare una via d’uscita dalla sofferenza. E che niente più di una donazione realizza quella virtuosa coincidenza degli opposti per cui la morte incontra la vita, la disperazione abbraccia la speranza, la fine cede il passo a un nuovo inizio, l'ineluttabile spalanca la porta al possibile. Ecco perché Amleto si emoziona ogni volta, al pensiero che il cuore di sua madre oggi batte nel petto di un'altra persona, e che i suoi occhi continuano a guardare il mondo anche senza di lei. «Pensarlo mi dà gioia e serenità – dice il ragazzo -. Forse il destino era questo: che mia madre si donasse completamente, proprio come ci ha insegnato».

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Per promuovere questa sensibilità, e per dare forza a chi attende da mesi o anche da anni un trapianto, l’Azienda ospedaliera dei Colli, il Centro regionale trapianti, Andrea Petraio, responsabile del Dipartimento di Assistenza meccanica al circolo e dei trapianti nei pazienti adolescenti, e Giuseppe Pacileo, responsabile del Dipartimento che si occupa dello scompenso cardiaco, hanno deciso, con l’aiuto dell’associazione “Donare è vita”, di chiamare a raccolta scuole, ragazzi, associazioni di volontariato caregivers e pazienti con l’obiettivo di spargere i semi di una cultura ancora troppo debole. «L’opera più umana è essere utile agli altri - dice il cardiochirurgo Petraio -. Grazie all’impegno costante di noi operatori tutti, un gruppo di lavoro che vede impegnate molteplici professionalità, sotto la guida del Centro regionale trapianti e con la nostra direzione strategica, abbiamo ottenuto in quest’anno grandi risultati, che si ritrovano nei sorrisi di tanti giovani pazienti e di intere famiglie. Momenti emozionanti come quelli vissuti in questi giorni ci raccontano di quanto bello sia il nostro lavoro». E lo show che ha chiuso la “Settimana del dono”, giunto alla sesta edizione, è stato un inno alla vita: sul palco dell’aula magna, con la conduzione affidata a Mario Pelliccia e Gigio Rosa di Radio Marte con la direzione artistica di Armando Chartier, si sono alternati Maria Nazionale, Gigi e Ross, Francesco Cicchella, Tony Figo. Tenersi per mano cantando e ridendo, d’altro canto, serve a rendere meno pesante l’attesa: lo sa bene Ilaria, che ha appena 11 anni e da 8 mesi vive in ospedale, grazie ad un cuore artificiale. Per lei e per la sua famiglia sono mesi interminabili, e quell’angoscia mal si attaglia ad un’età che dovrebbe avere come epicentro la spensieratezza. «Pur essendo provata da tanti mesi di degenza, Ilaria è ancora piena di energia ed ha ancora tanta voglia di tornare alla sua vita normale e alla sua amata danza -  riferisce Valentina Penta, psicologa psicoterapeuta del reparto di Assistenza meccanica al circolo e dei trapianti -. Noi tutti siamo al suo fianco ogni giorno, affinché la speranza che la anima non ceda il passo alla stanchezza». Per questa indomita bambina, come per tanti altri, il nemico da battere non è soltanto la malattia, ma anche la scarsa sensibilità verso una causa, quella delle donazioni di organi e tessuti, che incontra ancora troppe resistenze.
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