Droga nel carcere di Secondigliano, droni per inviare anche i telefonini: «Ecco chi guida il business»

Droga nel carcere di Secondigliano, droni per inviare anche i telefonini: «Ecco chi guida il business»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 22 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 16:00
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Non esistono solo gli scambi durante i colloqui o i maneggi nella barberia o nelle aree comuni. Non esistono solo metodi tradizionali, quelli che si avvalgono - si legge - di poliziotti corrotti e di una rete di contatti che vanno dal parcheggiatore abusivo esterno al carcere, per arrivare fino a chi lavora all'interno di un penitenziario di alta sicurezza. No, qui il sistema usato dai clan per stabilire solidi contatti con l'interno delle carceri si fa sempre più complesso. Ed efficace. Quanto basta a pensare che la retata scattata ieri dal gip Iaselli, su richiesta della Dda di Napoli, sia solo il primo step di un'azione più ampia, che punta a fare chiarezza su quanto avviene in un mondo - quello delle celle - dove da troppi anni l'antistato trova forza e possibilità di radicamento. Ma andiamo a leggere i retroscena dell'inchiesta condotta dalla Dda di Napoli, culminata ieri nell'esecuzione di soggetti noti - anzi: drammaticamente noti - alle pagine della cronaca cittadina.

Esiste uno specialista nel controllo dei droni. È originario del Parco verde - siamo a Caivano - e rappresenta un punto di riferimento per diverse organizzazioni criminali.

Non è l'unico, sembra di capire, non c'è solo lui sulla frontiera più avanzata della tecnologia prestata al crimine organizzato. Come il Mattino ha avuto modo di scrivere lo scorso dicembre, la Dda di Napoli sta lavorando su un'ipotesi inquietante, che basta da sola a ragionare sulla gravità del problema: quella dell'esistenza di una sorta di base napoletana dalla quale prendono il volo i droni per raggiungere le carceri. Non parliamo solo delle case circondariali napoletane, parliamo di uno spettro decisamente più ampio, capace di mettere in contatto i clan cittadini e vesuviani con altre regioni italiane. Un'inchiesta che prende le mosse da un agguato avvenuto lo scorso anno all'interno del carcere di Cassino, che vede coinvolti soggetti legati alla camorra scissionista di Secondigliano. Stando alle prime verifiche, la pistola per il regolamento di conti interno sarebbe approdata nel penitenziario proprio grazie all'uso di un drone. 

Poi c'è un altro mercato su cui conviene mantenere alta l'attenzione. E riguarda un altro aspetto decisivo per la lotta al crimine organizzato, a partire dal rischio del condizionamento dei processi prima delle udienze clou. Restiamo alle pagine della misura cautelare firmata dal gip Iaselli. Si scopre che c'è chi ha versato fino a 5mila euro per ottenere lo spostamento di un coimputato dello stesso processo (parliamo sempre di fatti di camorra) all'interno del proprio reparto. Uno scenario che vede coinvolto l'ex boss e killer di Secondigliano Rosario Guarino, meglio noto come Joe Banana (per la sua somiglianza al protagonista di un film di Bud Spencer), oggi collaboratore di giustizia. Sono state fatte delle verifiche, a proposito del trasferimento di un detenuto e si è scoperto che in quel periodo, l'ex boss della Vinella grassi di Secondigliano (parliamo dei cosiddetti girati) ottenne il trasferimento di un altro detenuto, a sua volta imputato nello stesso processo di Guarino. Prezzo dell'affare, dalle quattro alle cinquemila euro, si legge oggi, una cifra per un'operazione delicata e strategica: che avrebbe consentito di impostare la linea difensiva su fatti di camorra e di sangue; ma anche - almeno potenzialmente - di trasferire informazioni all'esterno del circuito penitenziario.

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Ma c'è un altro filone tutto da approfondire e riguarda l'evoluzione di soggetti che - da giovanissimi - hanno segnato la cronaca nera cittadina. Parliamo di quelli delle paranze di Forcella, ma anche delle cosche di Barra, senza perdere di vista poi gente come Alfredo Vigilia Jr, Antonio Napoletano, rispettivamente legati alla camorra dell'area occidentale e del centro storico. Finiscono in cella anni fa, diventano egemoni di un sistema di relazioni su cui ora la Dda punta a fare chiarezza. Un sistema che si avvale della complicità di qualcuno (al netto della correttezza e dell'abnegazione dei tanti addetti ai lavori nelle celle), ma anche di canali illeciti, a proposito di armi e droga. Una vicenda che ora attende verifiche su più livelli, alla luce del racconto reso dai pentiti e degli atti di volta in volta sequestrati, a proposito di strani trasferimenti da un padiglione all'altro. 

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