Eav, autista licenziato salvato da legge fascista

Eav, autista licenziato salvato da legge fascista
di Francesco Gravetti
Mercoledì 13 Marzo 2019, 09:32
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Tornerà a lavorare, otterrà gli stipendi arretrati e anche un risarcimento il dipendente Eav che due anni fa fu licenziato perché aveva abusato dei permessi della legge 104 del 2002, quella che consente di assistere i parenti invalidi o con disabilità. Lo hanno stabilito i giudici della Corte di Appello di Napoli, che hanno ribaltato la sentenza di primo grado con la quale era stato confermato il licenziamento.

IL REGIO DECRETO
Il lavoratore, un autista di bus in servizio ad Ischia, deve dire grazie a un regio decreto del 1931 che, concepito durante il periodo fascista e firmato dal re Vittorio Emanuele III, regola tuttora i rapporti collettivi di lavoro nel mondo del trasporto pubblico italiano, il numero 148. Per fare un esempio, è lo stesso regio decreto che contempla il biglietto gratis per i dipendenti delle ditte di trasporti e i loro familiari, che in passato tante polemiche ha suscitato. Gli avvocati dell'autista hanno evidenziato che nell'iter che aveva portato al licenziamento del loro assistito l'azienda non aveva applicato le regole di quel decreto. In sostanza, il licenziamento avrebbe dovuto essere deciso dopo la valutazione di un consiglio di disciplina, con una formale contestazione e la possibilità, da parte del dipendente mandato via, di argomentare le proprie ragioni. L'Eav aveva, invece, ritenuto di applicare i procedimenti previsti dallo Statuto dei Lavoratori, ma i giudici della Corte d'Appello hanno dato torto alla società di trasporto, riscontrando una violazione del procedimento disciplinare. Le norme del 1931, dunque, almeno nel settore dei trasporti, valgono più di quelle del 1970, anno in cui fu varato lo Statuto dei Lavoratori.

 

LA VICENDA
I fatti che portarono al licenziamento dell'autista risalgono al dicembre del 2016. Per due domeniche consecutive, l'uomo aveva chiesto e ottenuto di fruire dei permessi previsti dalla legge 104/92 per assistere la madre, ma in realtà non era mai andato presso l'abitazione della donna. L'Eav lo beccò grazie ad un'agenzia investigativa privata, ingaggiata proprio per stanare i furbetti del cartellino e della 104. Gli 007 lo seguirono e riscontrarono l'abuso. Ci fu prima la sospensione e successivamente il licenziamento, confermato anche da una sentenza di primo grado del Tribunale di Napoli. Ora la Corte d'Appello rimette tutto in discussione.
La sentenza «condanna la società alla reintegra del ricorrente nel rapporto di lavoro, nonché al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria pari a 12 mensilità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dallo stesso percepita (pari ad euro 2.469,53), con decorrenza dal giorno del recesso e fino alla reintegrazione».
LE REAZIONI
«Siamo estremamente perplessi perché dalla magistratura del lavoro giungono orientamenti sensibilmente contrastanti, privilegiando in questo caso interpretazioni formali, a fronte delle non semplici scelte effettuate dall'azienda nell'ambito della gestione e riorganizzazione del personale, volta a contrastare fenomeni negativi come l'assenteismo e a reprimere gravissimi fenomeni di malcostume a danno dei cittadini e degli utenti dei servizio pubblico», è il commento del presidente Eav Umberto De Gregorio, mentre il legale dell'azienda, Marcello D'Aponte, argomenta: «Ricorreremo immediatamente in Cassazione per vedere affermate le ragioni di Eav, che hanno la finalità specifica di garantire la stragrande maggioranza dei lavoratori che svolge correttamente il proprio lavoro e gli utenti del servizio pubblico locale di trasporto affinché siano garantite condizioni di efficienza della gestione». Di certo, la sentenza potrebbe rappresentare un importante precedente nelle vertenze riguardanti il trasporto pubblico.
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