Eav, sui treni tornano le divise:
obbligo di giacca, cravatta e badge

Eav, sui treni tornano le divise: obbligo di giacca, cravatta e badge
di Francesco Gravetti
Martedì 31 Ottobre 2017, 10:40 - Ultimo agg. 21:33
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Manca un solo giorno allo scadere dell'ultimatum: ancora 24 ore e i dipendenti dell'Eav, macchinisti e capitreno, non potranno più stare sui convogli vestiti come credono. Devono indossare la divisa. E pure il cartellino identificativo. È un ordine tassativo dell'azienda, che con un avviso al personale ha sottolineato che «ogni inadempienza sarà perseguita disciplinarmente». Insomma, basta camicia aperta o maglione: ci vuole il completo blu e la cravatta rossa, col giaccone d'ordinanza quando fa freddo. Lo richiede, specifica la stessa Eav, anche il nuovo contratto di servizio stipulato con la Regione Campania. Il personale viaggiante deve essere facilmente identificabile da chi prende il treno.

L'avviso è del 26 ottobre, ma è da domani che diventa perentorio. Fino al 29 si potevano presentare rimostranze. Poi basta. Solo che l'Orsa, il sindacato autonomo che raccoglie iscritti soprattutto tra i macchinisti, ha già fatto sapere che la cosa non si può fare. Mettersi in uniforme non è così semplice come si crede. I sindacalisti hanno scritto una lettera al presidente Umberto De Gregorio elencando i motivi per cui «è impossibile ottemperare a tale avviso in tempi brevi». Alcuni sono di ordine pratico: manca un luogo dove cambiarsi, non ci sono armadietti capienti a contenere le divise, non è stato fornito il contenitore di plastica per mettervi il cartellino. Altri sono tipici di chi fa rivendicazioni sindacali: il rimborso del lavaggio della divisa, il conteggio delle ore per cambiarsi da inserire nell'orario lavorativo. Altri ancora sono decisamente bizzarri, diciamo pure volutamente provocatori: alcuni capi di abbigliamento provocano eruzioni cutanee ed orticaria, e quelli dell'Orsa vogliono sapere il materiale con cui sono fatti.

Di certo, la crociata di Eav per far mettere la divisa a tutti si preannuncia tutt'altro che agevole. Eppure fino a qualche decennio fa indossare la divisa della Circumvesuviana, della Cumana e della Circumflegrea era un vanto: erano i tempi in cui gli orologi si regolavano con l'arrivo dei treni, per quanto erano puntuali le corse. L'uomo in giacca e vestito blu incuteva timore e rispetto: quelli che non pagavano il biglietto, per lo più studenti sfaccendati, appena lo vedevano scappavano via, per paura di essere multati, e scendevano alla prima fermata.

 


C'è un sito, che è anche una pagina Facebook con migliaia di iscritti, che si chiama «Ricordi Circumvesuviana», ideato da Fabrizio Montella, dipendente Eav: ospita molte foto vecchie di lavoratori in uniforme. Forse per via degli anni trascorsi, ma di certo il macchinista e il capotreno esibiscono in quelle foto una certa eleganza, un fascino antico. Poi i tempi sono cambiati, il trasporto pubblico è andato in crisi, la rabbia tra i pendolari è montata e il numero dei portoghesi è aumentato. È cambiata anche la figura del passeggero: sfrontato, spesso violento. Sabato scorso due macchinisti sono stati aggrediti verbalmente da un utente alla stazione Circumvesuviana di piazza Garibaldi, al punto che è dovuta intervenire la polizia.
La divisa, insomma, non si indossa più anche per paura, benché nella loro lettera i sindacalisti dell'Orsa non facciano alcun riferimento alle condizioni di pericolo in cui si trovano i dipendenti dell'Eav che si mettono in uniforme. L'azienda, tuttavia, alla divisa ci tiene: insieme alla Regione che lo ha chiesto esplicitamente nel nuovo contratto di servizio, punta a far recuperare autorevolezza ai dipendenti. E poi la Circumvesuviana viene utilizzata ogni giorno da migliaia di turisti, diretti agli scavi di Ercolano e Pompei e in costiera sorrentina: logico che questi debbano essere messi in condizione di identificare il responsabile di una corsa, il punto di riferimento sul treno. La polemica tra il sindacato e l'Eav sulle divise, comunque, è alle prime schermaglie: se ne saprà di più col passare dei giorni, anche se è probabile che il 1 novembre in pochi si adegueranno alle nuove disposizioni.
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