Napoli, la strada della vergogna: duecento metri di rifiuti che crescono ogni notte

Napoli, la strada della vergogna: duecento metri di rifiuti che crescono ogni notte
di Paolo Barbuto
Mercoledì 29 Dicembre 2021, 09:38 - Ultimo agg. 30 Dicembre, 08:18
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Il percorso si dirama da via Argine, proprio alle spalle della scuola Marie Curie. Sotto una montagna di rifiuti dovrebbe esserci una strada della città di Napoli, liberamente percorribile perché non è chiusa né vietata. Sì, è proprio una strada perché una donna coraggiosa l'affronta con la sua auto, dribbla un cumulo di scarti d'edilizia, schiaccia un tappeto d'amianto, evita con perizia la pericolosa voragine creata da una fila di tombini rubati, sale su una montagnella di pezzi di mobili dati alle fiamme e finalmente riesce ad allontanarsi. Prima, però, si volta e fa un gesto come a dire «visto cosa mi tocca fare per tornare a casa?».

La discarica di via Argine è un caso tutto napoletano. Segnalata da anni, raramente ripulita e subito dopo nuovamente ricoperta da rifiuti d'ogni genere: è il simbolo dell'abbandono delle periferie, la rappresentazione fisica del fatto che tutti sanno quel che accade e nessuno si muove affinché la vergogna non venga ulteriormente perpetrata.

Allo schifo dei pirati dei rifiuti s'è aggiunta la mano dei ladri di ghisa. Intere file di tombini sono state portate via, il pericolo è plateale non solo per le automobili (e soprattutto per i ciclomotori) ma anche per i pedoni che potrebbero finire in quelle voragini urbane non segnalate e farsi male, molto male.

In una città civile questa strada sarebbe, almeno, interdetta. A Napoli invece è una via come tutte le altre, aperta alla libera circolazione, nonostante il pattume che la ricopre interamente, nonostante il vuoto generato dal furto dei tombini.

Anna Spasiano sta governando il campo di friarielli che confina con la strada della vergogna.

Aveva un negozio con il marito, l'hanno chiuso per via della crisi e oggi si dedicano alla piccola agricoltura urbana. Arriva trafelata verso la strada, chiede attenzione, parla con rassegnazione ché la rabbia l'ha perduta nel lungo percorso di denunce e richieste d'aiuto: «Che aspettano a dare dignità a questa piccola porzione di Napoli? - dice di primo acchito con la disperazione nella voce - Adesso c'è una nuova amministrazione ma nessuno s'è ancora accorto di noi. Quelli di prima dicevano che avrebbero fatto qualcosa ma ci hanno lasciati in questo stato, noi spieghiamo da sempre che basterebbe una telecamera per individuare la gentaglia che viene qui a sversare. Io oggi dico pubblicamente che, se non hanno i soldi, la telecamera la compro io, e pago anche i collegamenti per tenerla in funzione, è un mio regalo al Comune che, però, deve garantire la sorveglianza di questa telecamera».

Anna sa che nessuno accoglierà il suo invito. Sa che non cambierà nulla. Indica un cumulo che passa sotto al cavalcavia della statale: «Li vede quei sacchi quasi interamente ricoperti dalla vegetazione? Sono lì da diciassette anni, io ero incinta quando vennero addetti comunali che raccolsero un po' di schifezze e le infilarono in quei sacchi dicendo che dopo qualche giorno sarebbero passati a ritirarli. La figlia che portavo in grembo quel giorno, tra un po' diventerà maggiorenne, noi aspettiamo ancora che qualcuno raccolga quei sacchi».

A sostenere la battaglia dei residenti c'è Alfredo di Domenico che un tempo era bukaman, il supereroe che segnalava le buche, e adesso è semplicemente un napoletano che cerca di rendere migliore la sua città. Con lui c'è Claudio Di Tuccio che conduce un appezzamento vicino. Claudio, dopo anni di battaglie, il mese scorso s'è presentato in Commissariato e ha sporto una denuncia, sa che servirà a poco, ma vuole che resti traccia della sua battaglia: «Perché nessuno bada a questa situazione? - si dispera - Perché nessuno si accorge che viviamo immersi nel degrado?».

L'ultimo sfregio l'hanno fatto la notte di Natale. Sono arrivati con un camioncino, hanno lasciato un quintale di mobili vecchi e spaccati, sopra ci hanno messo una stella cometa: è stato un drammatico regalo dei pirati della monnezza alla gente disperata di questa porzione dimenticata di Napoli.
 

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