Ercolano, condannati gli spacciatori accusati dal pentito

Ercolano, condannati gli spacciatori accusati dal pentito
di Dario Sautto
Giovedì 18 Luglio 2019, 12:30
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Biscotti plasmon, ricariche telefoniche, magliette e sigarette erano in realtà le dosi di droga, vendute anche all'ingresso delle chiese. Dopo il pentimento del fornitore delle piazze di spaccio Giovanni Montella, arriva la condanna per altri 14 imputati accusati di gestire alcune delle undici rivendite di stupefacenti ercolanesi.

In totale sono arrivate condanne a 87 anni di carcere per i pusher di Ercolano e dintorni, al termine del primo grado del processo Chanel. Pena più consistente per Ciro Polese, che dovrà scontare 10 anni di reclusione. Nove anni, invece, per Pasquale Imperato, 8 per Pasquale Pirone e 7 anni e 9 mesi per Patrizio Pirone.
 
Poi, spuntano le donne, ritenute le vere protagoniste dello spaccio di droga. Per Antonietta Dentale ed Ersilia Amoroso la condanna è a 7 anni e mezzo, 6 anni per Rosa Borrelli. Stessa pena per Francesco e Mariano Pace, ritenuti i custodi della droga, mentre 4 anni e mezzo per Tommaso Iengo, due mesi in meno per Ciro Ciano e per Carla e Tommaso Scognamiglio, infine 2 anni e 4 mesi per Franca Cefariello.

L'inchiesta era stata condotta dai carabinieri della compagnia di Torre del Greco e della tenenza di Ercolano, che avevano iniziato a monitorare i flussi di droga in via Mare, scoprendo che gli incassi erano da 20mila euro al mese per il gruppo rifornito da Giovannone Montella, il 32enne oggi pentito. Grazie ai rapporti diretti con i narcos napoletani, la sua influenza per le forniture di hashish e cocaina arrivava fino a Portici e Torre del Greco. Ma a gestire quasi tutte le piccole piazze di spaccio e le consegne a domicilio erano le donne, secondo gli investigatori coordinati dal pm Claudio Siragusa.

Oltre 200 episodi di spaccio erano stati ricostruiti nel corso delle indagini. Per ordinare le dosi, i clienti usavano linguaggio in codice, arrivando a chiedere biscotti Plasmon per chiedere una dose di cocaina, poi consegnata all'ingresso della chiesa, in piazza, dove è più semplice confondersi nella folla. In piazza Santa Croce a Torre del Greco, davanti alla basilica, avvenivano gli scambi droga-soldi. Ma anche in piazza San Ciro a Portici o in altri luoghi in cui la chiesa apriva piazze trafficate. Bastava una telefonata per far scattare sull'attenti i «fattorini» della droga, pronti a consegnare, in sella a veloci scooter in tutta la zona vesuviana.

Dopo la condanna in abbreviato a nove anni di reclusione, Montella ha scelto di collaborare con la giustizia, risultando il testimone principale nel processo che si è chiuso ieri con le pesanti condanne per tutti i pusher che lui stesso riforniva, come ha raccontato agli inquirenti.

Nel frattempo, però, da alcuni mesi sta raccontando anche all'Antimafia dei suoi legami con elementi di spicco della camorra di Ercolano e Napoli, grazie ai quali gestiva lo spaccio di droga e le forniture di stupefacenti praticamente in monopolio, partendo dalla sua abitazione in via Mare. Proprio quella casa, ad agosto dello scorso anno, è stata oggetto di una stesa di camorra, con 14 proiettili calibro 9 esplosi verso il primo piano della palazzina dove Montella viveva.
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