Studenti uccisi a Ercolano, il mistero dei 26 minuti dalla sparatoria alla telefonata al 112

Studenti uccisi a Ercolano, il mistero dei 26 minuti dalla sparatoria alla telefonata al 112
di Dario Sautto
Mercoledì 3 Novembre 2021, 00:02 - Ultimo agg. 19:40
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In tre minuti si è accorto di possibili «intrusi» vicino alla sua proprietà, si è armato e li ha ammazzati mentre si allontanavano senza essere mai usciti dall’auto, sparando con una mira da esperto cecchino. Da quel momento, però, passano altri 26 minuti prima della chiamata ai carabinieri. Un buco di quasi di mezz’ora che potrebbe nascondere qualcosa e che in parte manca anche nelle testimonianze raccolte dagli investigatori. La ricostruzione operata dai carabinieri della compagnia di Torre del Greco, nell’ambito delle indagini coordinate dalla Procura di Napoli, non lascia molti dubbi sulla dinamica dell’assurdo raid di fuoco che ha strappato la vita a due ragazzi di Portici. Una ricostruzione minuziosa, confermata anche dalla presenza di un filmato registrato dalla telecamera di videosorveglianza della villetta dei vicini.

A mezzanotte e 25 minuti la Fiat Panda bianca con a bordo Tullio Pagliaro e Giuseppe Fusella si ferma alcuni istanti non lontano dal civico 37 di via Marsiglia, località San Vito di Ercolano, alle falde del Vesuvio. In quella zona isolata ci sono solo tre villette che distano qualche decina di metri l’una dall’altra. Ogni rumore si percepisce in maniera nitida, soprattutto a quell’ora.

Vincenzo Palumbo, autotrasportatore di 53 anni, si accorge che c’è qualcuno e pensa si tratti di ladri. Ha la sua pistola Beretta calibro 40 sotto il letto, la prende, apre la finestra della cucina ed esce sul terrazzo. L’orologio segna un orario ben preciso: sono le 00:28. Sono passati meno di tre minuti.

La Fiat Panda con a bordo i due ragazzi si allontana lentamente in retromarcia da casa Palumbo, ma viene investita da una micidiale raffica di proiettili. Undici colpi esplosi in rapida successione, cinque dei quali forano il tettuccio dell’auto. I due giovani vengono colpiti alla testa e muoiono. Da quel momento, le telecamere registrano solo l’auto che si adagia contro il muro. Passano dieci minuti e si arriva alle 00:38, quando si vede la sagoma di Palumbo avvicinarsi alla vettura per verificare le condizioni dei due passeggeri dell’auto. Poi il 53enne torna a casa e – emerge dalle testimonianze di moglie e figlia – parla a lungo in cucina con la coniuge. Infine alle 00:54 decide di avvisare i carabinieri. Accanto a quella attesa di quasi mezz’ora tra gli spari e la chiamata dei soccorsi, un altro dato è molto insolito: insieme a quello per la caccia, Palumbo aveva ottenuto di recente il rinnovo del porto d’armi per uso privato. 

Una vera e propria anomalia, se si considera che negli ultimi anni viene negato dalla prefettura anche alle forze dell’ordine o ai testimoni di giustizia. Durante il suo interrogatorio, Palumbo ha confermato pure che dal 4 settembre scorso – giorno in cui ha denunciato un furto – si sentiva minacciato, dormiva con la pistola sotto il letto e usciva di casa armato anche di primo mattino per portare il cane a passeggio. Alcuni vicini hanno raccontato di minacce ai tecnici dell’Enel impegnati in un intervento e, addirittura imbracciando di fucile, ad alcuni ciclisti che erano passati in via Marsiglia. Ci sono altri dettagli che non tornano nella versione fornita ai magistrati da Palumbo e dalla moglie, cge hanno raccontato che «era scattato l’allarme».

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Gli accertamenti tecnici hanno dimostrato che l’antifurto era stato regolarmente inserito alle 22:54 e alle 00:28 è stato disinserito, proprio mentre Palumbo sparava, ma non è mai scattato. Dal racconto della figlia, emerge che è il papà a dirle che era scattato l’allarme, mentre i vicini di casa hanno sentito diverse esplosioni, ma non la sirena dell’antifurto. Poi ci sono quei 26 minuti di silenzio e buio che trascorrono dal momento degli spari alla richiesta di intervento al 112. Lunghi minuti che potrebbero nascondere i dubbi e i timori di Palumbo, consapevole di aver ammazzato a sangue freddo due persone, due ragazzi innocenti di 26 e 27 anni. Oppure un tentativo di creare una «versione» su quei tre minuti di pura follia. Nel frattempo, Palumbo resta in carcere, accusato di duplice omicidio volontario. La compatibilità delle ferite mortali sulle salme di Tullio e Giuseppe con i rilievi balistici ripetuti anche ieri dagli esperti del Ris nella villetta di via Marsiglia saranno il tema principale dell’autopsia, che sarà eseguita oggi pomeriggio a secondo Policlinico di Napoli dal medico legale Anna Gargiulo, nominata dalla Procura.

Tra trenta giorni saranno già depositate le conclusioni ai pm. Le parti offese – rappresentate dagli avvocati Maurizio Capozzo e Gennaro Bartolino – hanno nominato il dottor Maurizio Saliva e il professor Pietro Sterni, mentre Palumbo (assistito dagli avvocati Fioravante De Rosa e Francesco Pepe) non ha scelto un perito di parte. Domani pomeriggio le salme saranno restituite ai familiari per celebrare i funerali nella chiesa di San Ciro a Portici. In città sarà lutto cittadino per la morte di due giovani innocenti scambiati per ladri.

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