Faida di Scampia, ergastolo a Di Lauro jr: «Non è pazzo»

Faida di Scampia, ergastolo a Di Lauro jr: «Non è pazzo»
di Viviana Lanza
Martedì 7 Maggio 2019, 08:00
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I giudici negano al boss Cosimo Di Lauro la perizia psichiatrica e lo condannano all'ergastolo per aver ordinato, nel 2004, l'omicidio di un affiliato inaugurando per il clan di Cupa dell'Arco una nuova era che di lì a breve sarebbe sfociata nella terribile faida di Scampia. In sintesi, per i giudici della terza sezione della Corte d'assise di Napoli Cosimo Di Lauro, il figlio del famigerato Ciruzzo 'o milionario (all'anagrafe Paolo Di Lauro), non è pazzo e va riconosciuto colpevole dell'omicidio di Mariano Nocera, avvenuto in un bar del rione Monterosa il 2 settembre 2004.
 
Non c'era ancora la faida e i killer agivano a volto scoperto. Le cose sarebbero cambiate da lì a qualche mese, con la ribellione dei vecchi ras alla gestione di Cosimo, la scissione e quindi la faida. Quel 2 settembre 2004 Mariano Nocera, uomo degli Abbinante di Marano ancora per poco soci dei Di Lauro nei traffici di droga, stava sorseggiando un caffè al bar quando i killer a volto scoperto gli puntarono la pistola contro. Il barista rischiò di essere colpito per errore, Nocera non ebbe scampo. Il 6 agosto precedente, lo stesso Nocera, senza aver chiesto l'autorizzazione ai capi, aveva ucciso un assicuratore, Vincenzo Arciello, per aver pagato della cocaina con assegni risultati rubati e a vuoto. Arciello fu ucciso al rione Monterosa, anche lui davanti a un bar. Dopo l'omicidio, temendo conseguenze, Nocera chiese a Francesco Abbinante di intercedere per lui con l'allora reggente del clan. In quel periodo Abbinante era latitante e lontano da Napoli e incaricò Giovanni Piana (da qualche anno diventato collaboratore di giustizia) di chiarire la vicenda con Cosimo. Secondo il racconto del pentito, Cosimo Di Lauro avrebbe fatto credere che a Nocera non sarebbe accaduto nulla, ma di fatto ne avrebbe ordinato la morte ingaggiando per l'esecuzione i suoi uomini più fidati, tra cui Claudio Salierno, ucciso assieme al nipote Fulvio Montanino nell'agguato con cui, a ottobre 2004, gli scissionisti dichiararono apertamente guerra ai Di Lauro.

Nocera fu ucciso con più colpi al torace e uno alla testa, che era una sorta di firma del clan, un modo per lanciare un messaggio e far capire che nessuno poteva commettere omicidi senza il permesso del capo. «Solo io decido chi deve vivere e chi no» avrebbe detto Cosimo. Piana ha raccontato questo retroscena e anche quello della reazione di Abbinante alla mancata promessa di risparmiare Nocera, una reazione che fu come la goccia che fa traboccare il vaso e aggiunse nuovo malcontento a quello che i vecchi ras, un tempo in affari con Paolo Di Lauro, già nutrivano per la gestione del figlio del milionario. E a quel punto fu guerra. La svolta nell'inchiesta sull'omicidio Nocera, e di riflesso sull'agguato a Vicenzo Arciello, si è avuta due anni fa, a tredici anni dai fatti. Per completare il quadro investigativo già tracciato dagli inquirenti ci sono volute le dichiarazioni di ex affiliati passati a collaborare con la giustizia. Di qui le accuse contro Cosimo Di Lauro nell'inchiesta coordinata dai pm Maurizio De Marco e Antonio D'Alessio del pool antimafia coordinato dall'aggiunto Giuseppe Borrelli. Accuse che hanno superato il banco di prova nel processo di primo grado, portando ieri alla condanna di Cosimo Di Lauro al massimo della pena, l'ergastolo, più sei mesi di isolamento notturno.

Ai giudici della Corte d'assise la difesa di Cosimo aveva rinnovato la richiesta di sottoporre l'imputato a perizia psichiatrica, riproponendo una questione già emersa in passato, dopo gli anni di detenzione al 41 bis e le prime condanne, una delle quali, a 30 anni di carcere, divenuta definitiva. Lui, Cosimo, che ha ispirato la fiction Gomorra e che i giovani del quartiere osannavano conservandone la foto sul display del cellulare, da tempo pare rifiuti i contatti con il mondo dentro e fuori al carcere, dicendo no a visite mediche e colloqui con parenti e difensori. Per gli inquirenti si tratterebbe di una simulazione, solo un tentativo per alleggerire una condizione detentiva destinata a durare, e molto.
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