Faida di Torre Annunziata, i pentiti accusano Aldo Gionta

Faida di Torre Annunziata, i pentiti accusano Aldo Gionta
di Dario Sautto
Martedì 24 Settembre 2019, 12:00
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Almeno tre collaboratori di giustizia lo indicano come uno dei mandanti di quell'omicidio che innescò la sanguinosa faida tra clan Gionta e Gallo-Cavalieri. Per questo motivo, il boss poeta Aldo Gionta affronterà il processo d'appello per l'agguato mortale a Natale Scarpa, papà di un boss rivale, ammazzato ad agosto 2006 nel piazzale dello stadio Giraud di Torre Annunziata. Tre anni fa, dopo un complesso processo di primo grado, il primogenito del capoclan Valentino Gionta aveva ottenuto la clamorosa assoluzione per non aver commesso il fatto. La corte aveva ritenuto troppo contraddittorie le dichiarazioni dei vari pentiti sentiti durante il dibattimento, che si smentivano a vicenda sulla ricostruzione decisiva.
 
«Aldulk il ribelle» era detenuto il 16 agosto 2006, quando Francesco Amoruso killer deceduto in carcere, suo consuocero uccise con una raffica di proiettili il padre di Vincenzo Scarpa «caramella», uno dei capi dei Gallo-Cavalieri, rivali dei Gionta. Ma, nonostante fosse in carcere, secondo il sostituto procuratore Claudio Siragusa della Dda di Napoli, l'allora reggente del clan Gionta aveva ordinato l'uccisione del boss rivale. «Aldo Gionta voleva soddisfazione, tre collaboratori di giustizia lo indicano come mandante dell'omicidio di Natale Scarpa».

A Carnevale di quell'anno, Valentino junior, figlio di Aldo Gionta e nipote omonimo del superboss, colpì l'anziano «zì Natalino» Scarpa con un uovo, scatenando «un pestaggio in pubblico» per il quale di notte fu sparata una raffica di proiettili sotto casa di Scarpa, prima che uno dei capi dei Gallo-Cavalieri andasse a chiedere scusa a Gemma Donnarumma, moglie del capoclan Valentino Gionta. Una mediazione che ritardò soltanto la vendetta di qualche mese, all'esterno dello stadio Giraud di Torre Annunziata. Infatti «i carcerati Aldo e Valentino senior volevano soddisfazione per l'episodio» è la versione dei collaboratori di giustizia Vincenzo Saurro, Francesco Raimo e Michele Palumbo. Nessuno ha appreso direttamente da Aldo Gionta la sua volontà, ma tutti tramite suo fratello Pasquale all'epoca dei fatti libero, oggi pluriergastolano o da Umberto Onda, uno dei componenti del gruppo di fuoco di Palazzo Fienga.

Dopo l'assoluzione in primo grado arrivata al termine del processo chiuso il 23 febbraio 2016, adesso l'Antimafia ha fatto appello: Aldo Gionta affronterà il nuovo processo, assistito dagli avvocati Giovanni Tortora e Domenico Nicolas Balzano. L'assoluzione come mandante dell'omicidio che aveva innescato la faida era arrivata anche per Pasquale o chiatto, fratello di Aldo Gionta, all'epoca dei fatti libero. Nonostante la convergenza di diversi racconti di collaboratori di giustizia, anche in quel caso furono riscontrate contraddizioni, poi superate quando ormai è impossibile processare nuovamente Pasquale Gionta, tra l'altro già ergastolano. Ora, l'intera dinastia capoclan Valentino, figli Aldo e Pasquale, nipote Valentino junior sono detenuti al regime del carcere duro, con il 41 bis che viene rinnovato praticamente in automatico ogni due anni per la «capacità di comunicare con l'esterno» dei quattro esponenti di spicco delle tre generazioni di Gionta.
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