Far West al Lungomare, scarcerati 4 del branco che pestò il poliziotto: gli amici festeggiano su Facebook

Far West al Lungomare, scarcerati 4 del branco che pestò il poliziotto: gli amici festeggiano su Facebook
di Viviana Lanza
Domenica 3 Dicembre 2017, 22:56 - Ultimo agg. 5 Dicembre, 10:18
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Vita reale e social. A volte questi ultimi si trasformano in veri e propri «spioncini» che si affacciano sulle esistenze di ognuno. Finestre virtuali dalle quali si possono osservare reazioni, stati d’animo, interazioni. L’attesa della decisione del tribunale del Riesame e le reazioni dopo che i giudici hanno stabilito di mettere fuori quattro delle otto persone che furono bloccate lo scorso 13 novembre a seguito di un’aggressione che si verificò il 26 giugno nel cuore della movida partenopea, aggressione feroce ai danni di un poliziotto in borghese e della sua famiglia, sono state monitorate così, sui social. Ai domiciliari è finito Donato Belardo, 22 anni. Per lui la misura cautelare poggia ora solo sull’accusa di detenzione di arma e lesioni gravissime. Difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Montanino, per il reato di rapina resta invece indagato a piede libero. Poi c’è Monica Amato, la 29enne figlia di Rosaria Pagano, quella “zia Rosaria” che nelle intercettazioni al cuore di inchieste dell’antimafia è indicata al vertice degli ‘scissionisti’, il gruppo Amato-Pagano da anni influente nei territori di Melito, Sampia e l’hinterland a nord di Napoli. Per la giovane Amato il Tribunale della Libertà ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Le scarcerazioni sono state commentate anche nel mondo social. “Vedrete andrà bene e tornerete più forti di prima” i commenti di solidarietà. Nessun cenno alle accuse, nessun riferimento ai fatti. Sulla pagina social Monica Amato e il suo compagno festeggiano e ringraziano, postando foto di vita familiare. “Finalmente il relax”, “dopo quattordici giorni lontani”.

 

La misura cautelare è stata modificata dal Riesane anche per un’altra coppia finita sotto accusa per la feroce aggressione. Scarcerati infatti anche Maurizio Pomo, 43 anni, e la moglie Concetta Madonna, difesi dall’avvocato Mariarosaria Genovese. Erano tutti lì quella terribile sera d’estate. Erano in otto e viaggiavano in moto, affiancati, in direzione di piazza Vittoria. La strada era praticamente occupata per tutta la sua larghezza. Giunti in largo Sermoneta il ‘corteo’ rallentò ulteriormente, generando una coda lunghissima di veicoli. Giusto dietro di loro un’Opel Zafira, con dentro un uomo insieme alla moglie e ai due figli piccoli. Con un colpo di clacson chiese di passare. Ma qualcuno di quegli otto si infastidì, si voltò indietro, ebbe da ridire: “Ma che vai di fretta? Non lo vedi che si siamo noi…scendi e facci vedere chi sei e che vuoi fare”. Poi sistemò la moto di traverso sulla strada, stringendo ancora di più il passaggio. Un altro si avvicinò alla portiera dell’auto. Il poliziotto e la famiglia rientravano da un matrimonio e si ritrovarono in un incubo. L’agente si qualificò. La reazione del gruppo fu inusitata. Cominciò un vero e proprio pestaggio. Qualcuno colpì a calci e pugni, qualcun altro si armò con un casco. Il branco non avrebbe esitato a colpire anche la moglie del poliziotto. Terrore negli occhi della donna e dei bambini. Nella baraonda sparì dal braccio dell’agente un orologio, per giunta un caro ricordo del padre.

Se alcuni picchiavano, altri incitavano. “È una guardia devi ucciderlo, la pistola che tiene è finta, devi ucciderlo”. Sono le parole che avrebbero urlato le due donne presenti, Monica Amato, la figlia di ‘zia’ Rosaria e Concetta Madonna. Qualcun altro si avvicinò alla Opel nella quale c’erano i piccoli, urlando: “Devo uccidergli i figli”. Poi alcuni colpi esplosi in aria a scopo intimidatorio. E’ una ricostruzione da brividi quella agli atti dell’inchiesta. La difesa ha puntato il dito contro le varie testimonianze raccolte dagli investigatori, puntando a trovare incertezze, dettagli non perfetttamente coincidenti e provare così a minare le accuse. Per la Procura e il gip invece i fatti sono chiari: “inconcepibile e incredibile violenza”. Nel capitolo sulle esigenze cautelari gli inquirenti avevano evidenziato “la spregiudicatezza dimostrata su pubblica via, in pieno centro”, il livore aumentato alla notizia che la vittima è un poliziotto, il contesto di “particolare pulsione criminale”. Ma è proprio sulle esigenze cautelari che nei giorni scorsi si è pronunciato il Riesame, con una valutazione diversa rispetto al ruolo di quattro indagati finora. L’inchiesta prosegue.
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