Far west ai baretti di Chiaia,
«Soldi al teste per farlo tacere»

Far west ai baretti di Chiaia, «Soldi al teste per farlo tacere»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 14 Gennaio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 15 Gennaio, 09:03
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Tace in aula il teste chiave, finale scontato di una trama già scritta. Indagato per rissa, in quanto ritenuto vicino al clan Formicola, il 17enne colpito dagli spari di via Carlo Poerio (novembre di due anni fa) si è avvalso della facoltà di non rispondere, quanto basta a spingere il pm a puntare l’indice su un presunto accordo sottobanco tra teste d’accusa e imputato. È stato il pm Celeste Carrano a rivolgersi al giudice, alla luce di una intercettazione emersa dalle indagini: «C’è stato un tentativo di avvicinamento del teste per indurlo a non deporre, ci sono delle intercettazioni agli atti, il ragazzo voleva addirittura dei soldi per smentire il riconoscimento. Oggi si è avvalso della facoltà di non rispondere».
 
Prima sezione penale, processo a carico di Giuseppe Troncone, i giudici non accolgono la richiesta della Procura, rigettando - almeno per il momento - la richiesta di acquisizione delle dichiarazioni del 17enne che aveva accusato Troncone. Ma andiamo con ordine, a partire dall’affondo della Procura. Aula 420, viene convocato in aula il 17enne che venne ferito (miracolosamente in modo non grave) nel pieno della rissa in zona baretti di due anni fa. Sa di essere indagato, dunque si avvale della facoltà di non rispondere. Il codice glielo consente. E il pm attacca.

Sono due le intercettazioni a cui fa riferimento, in relazione a un presunto tentativo di condizionamento del processo. Quella più forte viene ricondotta al boss di Fuorigrotta Vitale Troncone, padre dell’imputato, la cui voce viene captata nel carcere di Poggioreale: «Quello ‘o guaglione va trovando i soldi». Secondo l’accusa non ci sono dubbi, si tratta di una sorta di dazio che la camorra di Fuorigrotta avrebbe dovuto pagare per comprare il silenzio del teste chiave. Poi c’è un’altra intercettazione in cui è ancora Troncone senior a riferire alla moglie di aver parlato con Bernardino Formicola (boss storico di San Giovanni a Teduccio), per mettere apposto la cosa. Diversa la versione della difesa, rappresentata dai penalisti Antonio Abet e Giuseppe Perfetto, che ieri mattina si sono opposti all’utilizzazione delle accuse rese in un primissimo momento dal teste chiave e che hanno sminuito il valore delle intercettazioni citate dal pm. 

Un ragionamento difensivo accolto dal giudice: il teste chiave venne ascoltato quando era già stato indagato, senza il difensore, quanto basta a rendere inutilizzabili le accuse; il significato delle intercettazioni riconducibili al padre dell’imputato non è univoco, secondo i legali.
Finiti i testi dell’accusa, ieri è poi toccato all’imputato rispondere alle domande del pm. In quasi tre ore, Giuseppe Troncone ha respinto l’accusa di essere il responsabile degli spari contro il gruppo di giovanissimi provenienti dal «Bronx» di San Giovanni a Teduccio. Ed è stato lo stesso Troncone jr a fornire una versione diversa rispetto alla frase «quello il guaglione va trovando soldi». Ha spiegato l’imputato: «Mio padre si riferiva al fatto che, quando sono entrato in carcere non avevo soldi, perché quelli che avevo in tasca erano sporchi di sangue, quindi non mi vennero riconosciuti alla matricola. Il “guaglione” a cui fa riferimento mio padre ero io». Ora tocca ai testi della difesa. Si parte da Vitale Troncone, l’uomo che sta scontando una condanna come boss di Fuorigrotta e che dovrà spiegare a cosa si riferiva con la storia dei soldi da dare al «guaglione».
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