La fase 2 della movida: «A cena sulla pista da ballo, così apriamo le discoteche»

La fase 2 della movida: «A cena sulla pista da ballo, così apriamo le discoteche»
di Maria Chiara Aulisio
Mercoledì 20 Maggio 2020, 09:30
4 Minuti di Lettura

Gli ultimi a tornare in attività saranno i gestori dei locali da ballo per i quali non è ancora prevista nemmeno una data entro la quale si immagina la riapertura. La discoteca, per definizione, è uno di quei luoghi dove l'assembramento non solo è indispensabile, ma viene addirittura auspicato dai frequentatori del by night: più c'è gente e più ci si diverte. Dunque, facile immaginare che, almeno per qualche mese, di ballare non se ne parlerà.
 

 

Ne è assolutamente consapevole Enzo De Pompeis, presidente regionale, e consigliere nazionale, dell'associazione che riunisce chi gestisce un locale da ballo: «Non siamo così irresponsabili da immaginare di mettere insieme centinaia di persone prima che l'allarme Covid non finisca del tutto - spiega De Pompeis - anche se, prima o poi, qualcosa dovranno dircela visto che ben presto anche teatri e cinema riapriranno i battenti. In ogni caso - aggiunge - abbiamo inviato una lettera al presidente De Luca nella quale gli sottoponiamo una serie di proposte indispensabili per cercare di rimanere in vita nonostante la crisi». Oltre a una serie di benefici economici - tra cui la sospensione e l'annullamento di tutte le tasse regionali per il 2020 e, insieme, l'erogazione di un contributo a fondo perduto in proporzione al fatturato delle singole imprese - il Silb lancia una idea: «Autorizzateci temporaneamente a trasformare i nostri locali in bar e ristoranti - aggiunge De Pompeis - grazie alla possibilità di somministrare bevande e pure cibo. Potrebbe essere una opportunità, almeno per alcuni di noi, per provare a rientrare almeno nelle spese». Il sindacato tira fuori le cifre di un settore letteralmente «in ginocchio» intorno al quale girano migliaia di posti di lavoro: «In tutta Italia - assicura il presidente regionale - sono circa 90mila i dipendenti ufficiali senza contare il business che c'è intorno tra indotto e partite Iva». I titolari dei locali notturni si impegnerebbero, ovviamente, a rispettare le regole imposte da decreti e ordinanze per le attività di ristorazione. Anche se, Umberto Frenna, anima e motore dell'Arenile di Bagnoli, la vede un po' più complicata: «Certamente una buona idea quella di provare a riconvertire le discoteche in altre attività anche se - dice Frenna - bisogna valutare un investimento iniziale non di poco conto. E non so quanto ne possa valere la pena visto che si tratterebbe comunque di autorizzazioni a tempo». Intanto, l'Arenile di Bagnoli da lunedì mattina riapre l'attività balneare: «Abbiamo sanificato spiaggia e stabilimento - prosegue Frenna - nel rispetto delle norme e delle distanze di sicurezza previste. Anche se con 20mila metri quadrati di spiaggia, problemi di assembramenti non ne abbiamo mai avuti». Ma c'è una preoccupazione che si fa avanti con sempre maggiore insistenza tra chi lavora nel mondo del notte. Quale? «La lunga mano della criminalità - secondo il patron dell'Arenile - che potrebbe intercettare i bisogni di tanti imprenditori in difficoltà e rilevare le loro società inquinando un ambiente sul quale la malavita ha più volte provato a mettere le mani». Da qui, anche per Frenna, la necessità «di ricevere contributi a fondo perduto in grado di risollevare, almeno parzialmente, le sorti di chi sta vivendo una condizione di seria difficoltà dal punto di vista economico. Ad oggi non abbiamo ricevuto niente, nemmeno la cassa integrazione per i nostri dipendenti, solo tante belle parole».
 

Intanto, davanti alla drammatica ipotesi, paventata dal governo, di riaprire le sale da ballo non prima di marzo 2021, c'è anche chi, tra gli addetti ai lavori, ha deciso di impugnare davanti ai giudici del Tar, il decreto governativo che - dicono - «sembra aver dimenticato completamente questo settore». «I gestori sono consapevoli che il momento storico è alquanto particolare, ma prima o poi la vita riprenderà.
E allora - spiegano - la gente si renderà conto che un terzo dei locali resta chiuso, forse per sempre». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA