Napoli: Covid e affari di camorra, così il killer è diventato manager della sanificazione

Napoli: Covid e affari di camorra, così il killer è diventato manager della sanificazione
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 20 Maggio 2020, 23:30 - Ultimo agg. 21 Maggio, 13:51
4 Minuti di Lettura

Hanno fiutato l’affare della sanificazione ai tempi del Covid. Hanno compreso in tempo reale il peso economico degli interventi di bonifica di case, palazzi, interi parchi privati. Un lockdown d’oro per la camorra di Secondigliano, i «girati», quelli della Vinella grassi, che - ormai da tredici anni a questa parte - fanno capo al killer Antonio Mennetta. 

LEGGI ANCHE Coronavirus a Napoli, l'allarme dei parroci: ​«Cibo e prestiti, la camorra avanza»

Noto come l’imperatore di Secondigliano, ma anche come El Nino (dal tornado che devastò il centro America), Mennetta è stato raggiunto da un nuovo ordine di arresti, ma anche dal sequestro di immobili, esercizi commerciali e soldi sporchi. Un colpo a presunti manager e prestanome della camorra. E, accanto alla vigilanza privata, un’attività spesso infiltrata dalla camorra, si aggiunge un nuovo business, in evidente espansione commerciale: quello della sanificazione di ambienti pubblici e privati, attività in crescita nei giorni della fase due, oggi ritenuta al centro di una vera e propria faida di camorra. Come ai tempi delle piazze di spaccio, gli inquirenti hanno captato la frizione tra il gruppo di Mennetta, radicato nel centro storico di Secondigliano, noto come i girati di Vinnella Grassi, contro gli Amato-Pagano, a loro volta protagonisti nel 2004 della faida degli scissionisti contro Cosimo Di Lauro. 

LEGGI ANCHE La longa manus della camorra e gli effetti della pandemia

Ma torniamo al blitz di ieri mattina. Inchiesta condotta dal pm anticamorra Maurizio De Marco, sotto il coordinamento del procuratore Gianni Melillo, ordini di arresti anche per Annunziata Petriccione, madre di Mennetta, ma soprattutto per Alberto Sperindio, cognato di Mennetta, presunto dominus nel settore delle aste giudiziarie, delle società di vigilanza privata (non armate) e di sanificazione. Inchiesta condotta dai finanzieri del gico e del nucleo di polizia economico e finanziaria, agli ordini del colonnello Domenico Napolitano, finiscono agli arresti anche Salvatore Di Bari e Giovanni Vallefuoco, ritenuti prestanome del boss dei girati, come manager della Eagle, società leader nella vigilanza privata. Un piccolo inciso: la Eagle è la stessa società che dal 2015 ha rilevato i crediti dell’Anm, imponendosi sul mercato dell’intera area metropolitana.

LEGGI ANCHE Coronavirus a Napoli, il welfare della camorra arriva in Parlamento: «Il Viminale pronto a intervenire»

Ma torniamo alla storia delle sanificazioni. Indagini recenti confermano la concretezza degli allarmi nel pieno della quarantena. Ricordate cosa accadde a metà marzo? Furono i vertici della polizia a spedire una circolare alle squadre mobili italiane, a proposito del rischio che le mafie «si inseriscano nel business della sanificazione», a proposito di kit igienizzanti e salvavita. Un allarme che trova conferma ad aprile, proprio seguendo le trame imprenditoriali di Sperindio. C’è un concetto ricorrente, che batte sempre sulla pulizia di interi lotti condominiali, e che conferma lo spessore manageriale assunto in questi anni da Sperindio. È lui ad imporsi grazie al mandato del cognato Antonio Mennetta, quello che sognava un destino alla «Leonida» tra Scampia e Secondigliano, dopo aver dato inizio alla faida contro tutti e tutti (e dopo aver visto il film sui trecento alle Termopoli). Associazione camorristica, estorsione, illecita concorrenza, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti. Sequestrata una barca, una pasticceria, una autorivendita, ritenuti uno schermo per la ricollocazione del denaro sporco, mentre viene ricostruito il giro di soldi e di affari messi in piedi dal gruppo di Mennetta.
 


Detenuto al carcere duro, protagonista della faida del 2004-2005 al fianco dei Di Lauro contro gli scissionisti, poi protagonista della «girata» del 2007, ma anche della terza faida (prima contro i Di Lauro, poi contro gli Amato Pagano), Mennetta in carcere sembra aver studiato economia. Basta omicidi, poche tracce concesse, nasce una trama di quote societarie che gli garantiscono incassi certi: impone i propri servizi (a mo’ di racket) a una concessionaria di auto in zona Chiaia, mentre fa a spallate contro gli Amato Pagano. Se un tempo il terreno di scontro erano le piazze di spaccio, oggi il braccio di ferro si gioca sul numero di vigilanti che si riescono a piazzare nei condomini dell’area metropolitana. 

E il suo nome sembra incutere terrore. Siamo nel 2018, quando la Procura di Napoli riesce a piazzare un trojan nel cellulare di Sperindio. È la svolta dell’inchiesta, dall’ala militare a quella affaristica, grazie a un gruppo di prestanome per i quali la Procura avanza anche richiesta di arresto. A leggere la misura firmata dal gip Anna Imparato, spiccano i metodi di Sperindio: «Tuo fratello mi ha affidato la vigilanza della nuova concessionaria, ha violato i patti, lo dirò al terzo (riferimento a Mennetta)». E contro chi prova a sgomitare, dal carcere arriva una imbasciata a senso unico: «Bisogna solo uccidere». Parole che raccontano metodi e strategie dell’ex killer «laureato in Economia», alla luce di quegli interessi registrati in piena emergenza sanitaria, quando la sanificazione degli edifici diventa l’ultima frontiera commerciale della camorra di Secondigliano. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA