Napoli, coppie e famiglie sul lungomare: addio distanza di sicurezza

Napoli, coppie e famiglie sul lungomare: addio distanza di sicurezza
di Antonio Menna
Sabato 9 Maggio 2020, 23:30 - Ultimo agg. 10 Maggio, 12:00
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È un sabato di sole e liberazione sul lungomare di Napoli. Il primo della fase due e si vede tutto il peso di due mesi di sacrificio per la lunga reclusione di contenimento del virus. I bambini corrono sulle bici, sotto gli occhi dei genitori, o giocano a pallone usando come porta la saracinesca delle pizzerie chiuse. I ragazzi, come dentro un classico, siedono sui muretti: ci sono anche le birre, non curanti delle regole se le passano, bevono dalle stesse bottiglie, rollano sigarette di tabacco, si sbracciano, si toccano. Ma quale metro di distanza.

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Gruppetti di cinque, sei giovani si addensano continuamente. Coppie di fidanzati si abbracciano in bilico sui cordoli di ferro che fanno da sfondo a Castel dell’Ovo. Compare perfino il parcheggiatore abusivo di piazza Vittoria, che dà uno sguardo ai motorini. E nel parcheggio non c’è posto. Centinaia di famiglie passeggiano fin dalle sedici: il concetto di affetto stabile qui, però, è ampio. Ci sono le coppie con i bambini, i passeggini, ma ci sono anche molte amiche che parlottano, fumano, si aggregano, e incontrano altre amiche, colleghi di lavoro, vicini di casa: ci si saluta come dopo una vacanza. Il ritorno in città. Si vede e si capisce il sollievo sui volti delle persone liberate. La visuale dalla Colonna spezzata fa impressione: un fiume di gente verso Castel dell’Ovo. Ma si dice che la prospettiva schiaccia e allora bisogna guardare da vicino. Il lungomare è lungo, la gente in effetti si disperde un po’. Ma gli assembramenti ci sono, la regola non è rispettata e niente sembrano poter fare le auto della polizia che vanno avanti e indietro, o le due camionette dell’esercito ferme ai due lati di via Caracciolo. La mascherina, però, ce l’hanno tutti. Alcuni l’hanno scambiata per un bavaglio, lasciando il naso fuori; qualcuno la tiene calata sul collo, anche perché bisogna pur fumare. Altri con fastidio la portano come una flebo, sul gomito. 

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Il grande paradosso è che ognuno si dice sconcertato. «Troppa gente», dicono in tanti, mentre anche chi lo dice però compone quella folla. «Noi non scendiamo più», si sfoga Paola, assicuratrice, residente in un vicolo dietro Piazza Plebiscito. È per strada col marito, i due figli e l’anziana madre. «È la prima volta che usciamo da due mesi. Io, in verità, per lavoro ho fatto qualche uscita sporadica. Ma il resto della famiglia ha rispettato rigorosamente il blocco. Abbiamo approfittato per prendere un po’ d’aria. Ma quello che vediamo fa paura. Qui finisce male». L’anziana signora si tira la mascherina sul naso, come a proteggersi meglio e annuisce. Poco distante, seduti su un muretto, c’è una coppia di ragazzi, Sergio e Sara, lui è di Casalnuovo, lei del centro storico. Sono fidanzati, non si vedevano da due mesi. «Io sono molto sorpresa da tutta questa folla – dice Sara, che fa la parrucchiera e attende la riapertura della sua attività -; per venire qui, in auto con il mio ragazzo, mi sono seduta dietro, rispettando le regole. Ma sembra che ci teniamo solo noi». Proprio accanto c’è un gruppetto di giovanissimi che schiamazzano come se nulla fosse. «Non tutti hanno capito – aggiunge Sergio - noi siamo usciti perché le regole ora lo consentono. Siamo il famoso affetto stabile, siamo venuti sul lungomare perché come spazio aperto pensavamo fosse più sicuro. Ma c’è troppa folla». 

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La stessa sensazione è di Ida e Marco, che passeggiano con il loro cagnolino Mosè. «Io – dice Marco – lavoro nella manutenzione ferroviaria e in questi due mesi sono uscito. Mia moglie è casalinga. I nostri figli sono adolescenti e sono quelli che hanno sofferto di più. Chiaramente volevano vedere gli amici, e aspettavano questo momento per radunarsi. Per fortuna sono prudenti e non sono ancora usciti. Ma mi pare che il grande problema siano proprio i ragazzi. Come fai a tenerli? Si vogliono incontrare, vogliono stare insieme ed è difficile fargli capire che devono evitare gruppi numerosi, che devono mantenere le distanze. Se ci si guarda intorno, qui, i più indisciplinati sono i giovani». In effetti ci sono coppie che fanno lo struscio, mano nella mano, accanto ad altre coppie, come un sabato sera qualunque. Camminano, si fermano, parlottano a gruppetti uno di fronte all’altro. «Speriamo bene – dice Ida -, vogliamo essere ottimisti. Ci siamo già organizzati le vacanze. Abbiamo prenotato per la Sardegna, magari questa emergenza finisce bene e riusciamo a tornare alla vita di sempre».
 


Ma c’è anche qualche anziano tra quelli che passeggiano in questo primo sabato di liberazione sul lungomare. Seduto su un muretto, proprio accanto all’imbocco di Castel dell’Ovo, c’è Alberto Cardone. Magro, piccolo di statura, capelli bianchi e una mascherina che copre quasi tutto il volto. Ha appena compiuto 90 anni. «È la prima volta che esco da due mesi – dice - Vivo da solo, ma i miei figli mi portavano la spesa. Vengo da Fuorigrotta e mi sono fatto una lunga passeggiata, dalla Torretta fino a qua. Prima ci venivo tutti i giorni, che sofferenza questi due mesi senza il mare. Il virus fa paura ma sappiamo come fare per difenderci». A buttare acqua sul fuoco, accanto, c’è Renato, che di anni ne ha 74. «Io penso che questa sia una influenza solo un poco più severa, non credo a tutto questo pericolo. Io in questi due mesi sono sceso tutti i giorni. Non si può stare senza questo mare. Dobbiamo vivere bene altrimenti che campiamo a fare?».
 

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