Fase 2 a Napoli, in Tribunale, file e intoppi. Gli avvocati: «È collasso»

Fase 2 a Napoli, in Tribunale, file e intoppi. Gli avvocati: «È collasso»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 13 Maggio 2020, 10:28
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Quaranta e passa minuti per entrare in Tribunale, una sola colonna per avvocati e qualche imputato a piede libero (convocato per i processi con detenuti). Poi l'ingresso in un Palazzo semivuoto, con una cinquantina di processi che si celebrano tra penale e civile (molto al di sotto degli standard ordinari), con mille accessi (a fronte dei settemila in regime pre Covid). Non mancano intoppi. In Corte di appello, un processo a carico di presunti clan di Fuorigrotta, viene rinviato perché il Dap non è riuscito ad attrezzare le videoconferenze. Spiegano gli avvocati: «Parlano di smart working e di stop agli assembramenti, ma ci fanno venire inutilmente in aula, per un semplice rinvio, bastava una telefonata o una pec». Lunghe file anche al casellario giudiziario, mentre tra un'aula e l'altra si notano i guanti di gomma buttati a terra da un ospite maleducato, distanziamento assicurato anche nell'aula del Tribunale di Sorveglianza. È in questo clima che si registra un nuovo documento da parte dell'avvocatura, per ribadire i motivi dello strappo rispetto ai tavoli tecnici organizzati dal presidente di corte di appello Giuseppe De Carolis. Un documento che porta la firma di ben sette consigli dell'ordine degli avvocati dei rispettivi Tribunali del distretto, un modo per dimostrare compattezza su alcuni punti, a partire dalla decisione di rinviare al 4 giugno prossimo un'eventuale riapertura del giudice di pace civile. Ma andiamo con ordine a partire dalla cronaca del primo giorno della fase due giudiziaria a Napoli.

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LA VIDEOCONFERENZA
Aula 312, seconda Corte di Appello, processo a sette imputati accusati di essere esponenti dei clan di Fuorigrotta. Tutto pronto, anzi no. Una falsa partenza dopo due mesi di lockdown. Impossibile usare le videoconferenze, mancano le aule dove sono ristretti alcuni detenuti napoletani, come per altro segnalato dal Dap appena sabato scorso. Dopo una lunga attesa all'esterno del Palazzo, agli avvocati di alcuni detenuti - tra cui i penalisti Claudio Davino, Luca Mottola, Lepoldo Perone, Antonella Regine - non resta che incassare il rinvio al prossimo 19 giugno. Una sola domanda: perché neanche una mail? Che senso ha farci giungere in aula se già si conosceva la lettera del dap? Intanto, ieri è arrivato il documento dei sette consigli dell'ordine degli avvocati, a firma dei presidenti Antonio Tafuri, Adolfo Russo, Gianfranco Mallardo, Ciro Sesto, Luisa Liguoro, Antonio Barra, Stefania Pavone, che da un lato auspicano la ripresa del dialogo con i capi degli uffici, dall'altro ribadiscono i punti dello strappo: «Le lacune del legislatore hanno prodotto il risultato che nel Distretto di Napoli, i provvedimenti organizzatori, salvo poche eccezioni, sono stati adottati in dispregio delle proposte avanzate dall'avvocatura e comunicati con inaccettabile ritardo un solo giorno lavorativo prima della ripresa dei termini processuali e delle attività giudiziarie».

Poi alcuni punti clou legati al mancato riavvio di alcune sezioni giudiziarie: «Risulta ingiustificato il ritardo nell'adozione di adeguate misure di ripartenza degli uffici del giudice di pace, la cui perdurante sospensione provoca anche danni incalcolabili a una larga fetta dell'avvocatura del distretto, già reduce dal fermo di oltre due mesi nella cosiddetta fase 1. Una situazione resa ancora più drammatica per le endemiche criticità delle strutture giudiziarie e degli organici di magistrati e amministrativi».

Diverso il ragionamento del presidente di corte di appello Giuseppe De Carolis, che ha ricordato in questi giorni l'esigenza di rispettare il distanziamento tra le persone che accedono in Tribunale, in strutture - come quella che ospita i giudici di pace - che presentano limiti strutturali.
 
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