«So che mamma si è fatta male», a fine lezione nessuno attende Lisa

«So che mamma si è fatta male», a fine lezione nessuno attende Lisa
di Daniela de Crescenzo
Martedì 20 Marzo 2018, 06:30 - Ultimo agg. 09:14
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«Mamma arriva più tardi, lo so. Mi ha detto che doveva andare a farsi togliere il gesso dal braccio. Si è fatta male, ma sta guarendo». Lisa (il nome è di fantasia) è sola con gli insegnanti nella scuola di via dei Pini. Non sa che il papà, Pasquale Vitiello, ha ucciso la mamma, Immacolata Villani, appena lei ha varcato la porta della classe. Aspetta fiduciosa la madre che non arriverà mai più. Gli altri bambini sono già andati tutti via: gli spari davanti al cancello dell'istituto hanno terrorizzato i genitori che hanno preferito portarli a casa. Hanno detto ai piccoli che nell'edificio mancava la corrente elettrica e non si poteva fare lezione, poi li hanno fatti uscire dal retro: davanti al cancello c'è il corpo sfigurato e flagellato della pioggia di Immacolata Villani, e quella è una scena che i piccoli non devono assolutamente vedere.
 


Un omicidio, una scuola nel panico, due famiglie disperate. Quella di Vitiello si rivolge al suo ragazzo e lancia un appello: «Dacci un segno di vita. Ti preghiamo: costituisciti. Assumiti le tue responsabilità, noi saremo al tuo fianco».
 
Terzigno è sotto choc. «Ho visto Imma pochi minuti prima che le sparassero racconta Concetta, una delle mamme che ieri mattina era nel cortile - lei è entrata, ha lasciato la figlia, poi si è fermata in un capannello dove c'ero anche io. Mio figlio è nella stessa classe di Lisa e quindi conoscevo Imma da tempo: una ragazza normale, tranquilla, riservata. Spesso ero io ad accompagnare Lisa a casa: credo che Imma facesse dei servizi ad ora, ma non ne abbiamo mai parlato esplicitamente. I discorsi ruotavano generalmente intorno alle attività dei nostri figli e anche stamattina (ieri per chi legge, ndr) ci eravamo messe d'accordo che avrei preso io sua figlia dopo la gita che doveva fare la scuola. Abbiamo scambiato qualche parola, poi lei è andata via. Pochi minuti dopo gli spari. Forti, fortissimi. Si è scatenato il panico. Abbiamo visto il corpo in una pozza di sangue e subito ci siamo precipitate all'interno dell'edificio. Non sono riuscita a vedere l'assassino: all'inizio ho avuto solo paura, non mi sono resa conto di nulla. Poi, quando io e le altre mamme abbiamo saputo quello che era successo, abbiamo deciso di portare via i bambini. L'assassino era in fuga e non sapevamo che cosa potesse succedere. Solo un pazzo può sparare in mezzo alle creature».

Concetta ha subito telefonato al sindaco di Terzigno, Francesco Ranieri. «Erano da poco passate le 8 quando è squillato il telefonino racconta il primo cittadino una madre disperata ha urlato: Hanno sparato a scuola: aiutaci, avverti i carabinieri. Ho chiamato, ma i militari erano già stati allertati. Sono corso all'istituto e davanti al cancello c'era il cadavere in un lago di sangue. Uno spettacolo terribile. Mi sono trattenuto solo dieci minuti, non ce la facevo proprio a guardare. Poi ho convocato i servizi sociali: bisognava provvedere subito alla bambina che era ancora a scuola». L'assistente sociale Mariangela Canfora ha rintracciato lo zio, Luigi Villani, che abita a Scafati. L'uomo si è subito precipitato a Terzigno, prima a scuola, dove con la moglie ha cercato di rassicurare la nipote alla presenza di una psicologa: «Mamma fa tardi, vieni con noi», le ha detto. Poi è corso in Comune dove ha firmato i documenti per ottenere la custodia della bambina mentre davanti al cancello della scuola i carabinieri facevano i rilievi di rito.

È finita così, nel sangue, la storia di due ragazzi che si erano sposati giovanissimi e che vivevano ancora una vita precaria: senza lavoro lei, dipendente part time di una ditta di pulizie lui. Pochi soldi e una vita in comune con la famiglia, i genitori e le sorelle di Pasquale: dieci anni fa la villa di famiglia alla periferia di Terzigno era stata divisa in due appartamenti per fare posto alla coppia. Una convivenza che non deve essere certo facile visto che il 4 marzo, quando già le pratiche per la separazione erano state avviate, Immacolata aveva presentato una denuncia ai carabinieri: raccontava di una violenta lite in famiglia nella quale il marito sarebbe stato spalleggiato dalla madre. E la suocera, a sua volta, ha presentato una querela e agli amici ha raccontato di essere stata minacciata con il coltello. Dopo quella sera Immacolata era andata via e si era rifugiata a Boscoreale, il Comune dove è nata, a casa del padre. Un clima teso, tesissimo. Tanto che i parenti di Imma parlano di violenze ripetute.

Ma l'avvocato Salvatore Annunziata, a cui si era rivolta la famiglia Vitiello per presentare i documenti necessari alla separazione, parla di una relazione tranquilla e civile: «Il papà di Pasquale si era rivolto a me per arrivare a una separazione consensuale», spiega. Il legale non ha mai incontrato, però, il ragazzo: «Doveva venire da me anche lui, ma c'è stata una serie di contrattempi. L'unica cosa sicura è che non si è mai profilata una battaglia legale. A me è stato chiesto solo di preparare una lettera per chiedere alla signora di poter incontrare la bambina». L'avvocato spiega che nessuno in famiglia gli ha mai detto che Immacolata avesse un amante, come pure qualcuno sostiene in queste ore, e precisa che, del resto, la cosa ai fini della separazione consensuale sarebbe stata irrilevante.
E anche Ciro Vitiello, il padre di Pasquale, sostiene che il figlio era tranquillo, sereno. All'avvocato ha raccontato: «Ieri sera era con noi: abbiamo cenato tranquillamente. Con mio figlio abbiamo anche parlato della separazione ed eravamo anche d'accordo per chiedere una consensuale. Per questo non capisco proprio che cosa sia successo». Un clima sereno, dunque, secondo la famiglia Vitiello, ma il 9 marzo Immacolata aveva chiesto ai carabinieri di accompagnarla a casa a prendere le sue cose: da sola, evidentemente, non voleva entrare nella villa.

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