Fiola: «Noi fuori dal San Carlo,
ma più fondi a pioggia»

Fiola: «Noi fuori dal San Carlo, ma più fondi a pioggia»
di Gerardo Ausiello
Domenica 30 Dicembre 2018, 13:17
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«Oggi la Camera di Commercio c'è, è pronta a investire ma non è disposta a gettare soldi. Intende quindi programmare e partecipare attivamente a scelte e strategie». Parla da manager Ciro Fiola, da poco più di due mesi alla guida dell'ente camerale di Napoli. Un passato da consigliere comunale del Pd, e con una figlia, Bruna, che da lui ha ereditato la passione per la politica (è consigliere regionale della maggioranza deluchiana), è deciso a far passare un principio: «La Camera di Commercio va amministrata come un'azienda, perché è un ente pubblico che vive con fondi privati». E pazienza, dice, se ciò significa «toccare interessi consolidati».

Cosa intende per «interessi consolidati»?
«Che non sono disposto a fare regali a nessuno, com'è avvenuto in passato».

Che tipo di regali?
«Venerdì sera abbiamo approvato il bilancio, il primo della mia presidenza. La Camera di Commercio aveva un passivo di 13 milioni, lo abbiamo portato a 5 e l'anno prossimo chiuderemo in pareggio. Ecco, i regali stavano in questi 8 milioni che abbiamo risparmiato».

Faccia qualche esempio.
«La Borsa immobiliare: siamo l'unico ente camerale d'Italia ad averla, ha un costo di 320mila euro all'anno e non produce alcun risultato, neppure in termini di immagine. Non serve e così queste risorse le destiniamo ad altro. Per la manutenzione spendiamo circa un milione e mezzo di euro e poi rilasciamo le certificazioni in settanta giorni: inaccettabile. Preferisco avere qualche elettricista in meno e qualche impiegato in più per accelerare le pratiche delle aziende. Poi c'è la questione del teatro San Carlo».

Non mi dirà che dare fondi al San Carlo è un regalo.
«No, ma siamo entrati in conflitto con la governance del teatro perché non condividiamo lo statuto della Fondazione. La Camera di Commercio erogava un contributo annuale di 1,6 milioni eppure non aveva alcuna voce in capitolo nelle scelte. Se investiamo vogliamo partecipare, collaborare, decidere».

Qualcuno potrebbe obiettare che siete contro la cultura.
«Falso. Infatti destineremo parte di queste risorse alle Università. Se poi la Fondazione volesse modificare lo statuto, saremmo pronti a fare subito una variazione di bilancio ripristinando il contributo».

E gli immancabili soldi a sagre e feste di paese?
«Questi interventi non mi interessano. Noi abbiamo le risorse e vogliamo investirle sul territorio, ma a determinate condizioni. Chiediamo che vengano programmati eventi di qualità anche nei periodi di bassa stagione e che sia coinvolta tutta la provincia di Napoli. Altrimenti non ci stiamo».

Ne ha parlato con de Magistris?
«Non ancora, ma qui la politica non c'entra. Noi vogliamo avere rapporti istituzionali costruttivi con tutti. A de Magistris dico: lavoriamo insieme, però non si può pensare che i luoghi turistici siano solo piazza Municipio, il Plebiscito o il lungomare».

E De Luca?
«Abbiamo scritto alla Regione invitandola a sostenere economicamente le imprese. Noi siamo pronti a mettere la stessa cifra che investirà Palazzo Santa Lucia. Confidiamo in una risposta positiva».

Lei dice di voler avere rapporti costruttivi con tutti, però vive da separato in casa con gli Industriali.
«Non per mia volontà. Venerdì in Consiglio camerale, quando abbiamo discusso del bilancio, gli Industriali non c'erano, i rappresentanti degli artigiani sì. Io sono pronto a confrontarmi nel merito, se intendono farlo. Altrimenti andrò avanti. Loro dicono di voler attendere la sentenza del Consiglio di Stato (gli Industriali hanno messo in discussione la procedura che ha portato all'elezione di Fiola, ndr), che dovrebbe pronunciarsi il 10 gennaio. Ma non possiamo aspettare i tempi delle sentenze, l'ente camerale ha bisogno di recuperare rappresentatività dopo un lungo commissariamento».

Secondo lei oggi come si vive a Napoli?
«Come si vive in una città bellissima ma dove i servizi sono un po' carenti».

 

Come migliorarli?
«I servizi sono gestiti dalle aziende partecipate che spesso sono guidate da amministratori con stipendi da 32mila euro l'anno a fronte di fatturati che raggiungono anche i 200 milioni. È un errore. Queste società sono strategiche e vanno gestite da manager, che vanno pagati perché poi producono i risultati altrimenti vanno a casa. Alcune aziende andrebbero accorpate: penso a Napoli Servizi, che si occupa di manutenzioni, e ad Asìa, che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Quanto all'Anm, è positivo che si sia salvata dal fallimento ma ora deve ridurre i debiti, investire e potenziare alcuni comparti, come il ferro. Serve più coraggio».

Come spiega, allora, il boom di presenze turistiche?
«I turisti vengono a Napoli perché trasuda bellezza e interesse. Ma i visitatori vanno accolti bene, altrimenti non torneranno. Per questo vogliamo fare la nostra parte, finanziando il capoluogo e le realtà della provincia, da Pompei alle isole. Ribadisco: non si fa turismo solo con il Maschio Angioino e Castel dell'Ovo».

Qual è la vera identità di Napoli?
«Quella che non appare spesso e cioè dei cittadini che si prendono cura degli spazi pubblici e della loro città. Uno sforzo che andrebbe a supportare quello delle istituzioni. Penso ai beni culturali: se Regione e Comune ci stanno, ci sta anche la Camera di Commercio. Partiamo dalla Galleria Umberto, ridotta davvero male».

Intanto le grandi sfide, da Bagnoli al centro storico fino a Napoli Est, sono tutte perse.
«Colpa della politica a tutti i livelli, nessuno escluso. Su Bagnoli si è avuta la presunzione che il Comune potesse diventare un'azienda. Il risultato è stato lo spreco di risorse preziose. Il pubblico deve fare un passo indietro, limitarsi a controllare e lasciare spazio ai privati. A Napoli Est si è persa un'occasione: avremmo potuto creare una cittadella universitaria fino a Ponticelli e invece si è scelto di puntare sulla grande distribuzione, oggi in crisi, concentrando la formazione solo a San Giovanni a Teduccio».

Che idea si è fatto su quanto accaduto allo stadio Meazza?
«Dal ministro Salvini mi sarei aspettato una proposta seria per combattere la violenza dentro e fuori gli stadi e invece alla fine troverà la soluzione solo per non far andare più i napoletani a Milano...».
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