Il diciannovenne latitante Emanuele Sibillo era convinto di tornare nel centro storico per prendersi una rivincita: dal 9 giugno - cioè da quando la Procura aveva sferrato un sonoro colpo al cartello dei «bimbi camorristi» del gruppo Giuliano-Brunetti-Sibillo - qualcuno degli affiliati scampati alla retata aveva deciso di alzare la testa e di non pagare più la «rata» settimanale per gli introiti della vendita della droga nella zona dei Tribunali.
Emanuele, quasi sicuramente seguito da suo fratello Pasquale, anch’egli latitante, e accompagnato da una «paranza» di delinquenti tutti giovanissimi, doveva anche vendicare uno schiaffo subìto dopo il ferimento di tre ragazzini tra domenica e lunedì. Cominciano a definirsi i contorni dell'omicidio del 19enne avvenuto a due passi dal Tribunale di Castelcapuano. E spunta un articolo sulla camorra scritto dalla vittima dell’agguato mortale per il giornalino della Comunità di Nisida: a all’età di 17 anni quando sognava di diventare giornalista.
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