​Diagnosi errata e il paziente morì:
condannati medico e Asl

Diagnosi errata e il paziente morì: condannati medico e Asl
di Marco Di Caterino
Martedì 21 Febbraio 2017, 11:42
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Frattamaggiore. Ricoverato al pronto soccorso per un forte dolore alla schiena che lo affliggeva da giorni, venne dimesso dopo due ore dopo. Il tempo di una flebo, seguita dalla raccomandazione del medico che lo aveva visitato, a sottoporsi ad un controllo dall'ortopedico. Meno di ventiquattro ore dopo, la sera del 5 maggio 2013, Antonio Del Prete, 48 anni, di Frattamaggiore, operaio asfaltista, sposato e padre due figli, muore nello stesso ospedale, il san Giovanni di Dio di Frattamaggiore per una devastante emorragia interna e la conseguente peritonite, causate da un'ulcera al duodeno che irradiava quell'insopportabile dolore alla schiena.

Una diagnosi sbagliata e l'incapacità del dottor Raffaele Palladino, 63 anni, (il sanitario che prese in cura il povero operaio nel suo primo accesso al pronto soccorso) di indagare oltre quel sintomo, hanno di fatto determinato le cause della morte del paziente appena ventiquattro ore dopo la sua diagnosi. Questo il senso della sentenza di condanna a un anno e quattro mesi (pena sospesa) per il dottor Raffaele Palladino, ritenuto colpevole di omicidio colposo, disposta ieri mattina da Pasqualina Paola Laviano, giudice monocratico della sesta sezione penale del Tribunale di Napoli, al termine di un processo durato circa tre anni.

Insieme al medico è stata condannata l'Asl Napoli 2 Nord quale responsabile civile in solido con l'imputato per la provvisionale e il danno da quantificare in sede civile. Al momento il giudice ha anche stabilito una provvisionale di trentamila euro ciascuno, alla moglie e ai due figli dell'operaio. Assolti dallo stesso reato per non aver commesso il fatto i medici Maria Esposito, Pasquale Capuano, Anna Di Gennaro e Vincenzo Ferronetti, tutti componenti dell'equipe chirurgica del San Giovanni di Dio, che presero in carico il paziente nel secondo accesso al pronto soccorso avvenuto meno di ventiquattro ore dopo il primo. «Una sentenza che se pure non restituisce Antonio Del Prete ai suoi affetti, rende comunque giustizia ai familiari della vittima di questo ennesimo episodio di mala sanità», dichiarano i legali Michele Sanseverino e Isidoro Spiezia.

La vicenda, ricostruita minuziosamente dal perito medico incaricato dal tribunale di eseguire l'autopsia e accertare le cause della morte di Antonio Del Prete, prende il via nel primo pomeriggio del 4 maggio del 2013, quando l'operaio in preda a un fortissimo dolore alla schiena si reca a pronto soccorso. Qui viene visitato dal dottor Raffaele Palladino, che diagnostica una semplice lombalgia (mal di schiena) per poi praticare una flebo con un antidolorifico. Nella scheda di dimissioni, il sanitario scrive: «Si consiglia visita ortopedica».

L'operaio torna a casa, ma una volta svanito l'effetto della flebo, il dolore torna più forte di prima, tanto da fargli perdere i sensi. I familiari, spaventati chiamano un'ambulanza a bordo della quale viene portato di nuovo al San Giovanni di Dio. Tre ore di indagini cliniche e quella lombalgia del giorno prima, diventa choc emorragico e grave stato di peritonite in fase avanzata. Antonio Del Prete, viene portato in sala operatoria per essere operato d'urgenza, ma prima che inizi l'intervento il suo cuore cede di schianto, e nemmeno tre quarti d'ora di tentativi di rianimazione riescono a strapparlo alla morte.
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