Fuorigrotta, paura per il clochard Alberto. I residenti preoccupati: «Dobbiamo salvarlo»

Alberto, il clochard da salvare
Alberto, il clochard da salvare
di Gennaro Morra
Venerdì 25 Ottobre 2019, 20:09 - Ultimo agg. 20:28
4 Minuti di Lettura

È stata un’altra notte in bianco per alcuni residenti di via Diocleziano, quartiere Fuorigrotta. A tenerli svegli sono state le urla e i fischi di Alberto, un uomo che da anni vive in strada, girovagando perlopiù nella zona centrale della via che collega piazzale Tecchio a piazzetta Bagnoli. Molti di loro sono esasperati per le ennesime ore di sonno perduto, ma non sono arrabbiati con lui: sanno che il 43enne non è in sé, devastato dalla malattia mentale e dalla tossicodipendenza.
 


 
Infatti, quella di Alberto è una lunga storia di disagio che inizia con la morte prematura del padre quando lui è ancora adolescente. Rimasto con la madre e due sorelle più grandi, comincia a far uso di psicofarmaci e droghe pesanti e a 18 anni arrivano i primi segni di squilibrio mentale, certificati da una diagnosi implacabile: schizofrenia bipolare. Da quel momento inizia per lui un’inarrestabile discesa agli inferi: «Abbiamo fatto di tutto per aiutarlo, ma mio fratello rifiutava ogni cura e fuggiva dalle comunità in cui lo mandavamo – racconta Anna, la secondogenita della famiglia –. Poi mia madre è venuta a mancare, mia sorella si è allontanata e sono rimasta da sola a dover gestire una situazione che si è fatta sempre più pesante».
 
Alberto provoca l’incendio dell’appartamento di via Diocleziano, dove è nato e cresciuto, che deve lasciare per andare in una casa in affitto a Bagnoli: «Ma in quella casa c’è stato poco: continuava a scappare e per giorni vagava per strada, finché non ha scelto di vivere definitivamente come un senzatetto – spiega ancora Anna –. Io ho continuato a seguirlo, ma a distanza perché è diventato sempre più aggressivo e io ho tre figli piccoli, non posso tenerlo a casa con me». Ma questo non significa che Alberto sia stato abbandonato: «Ho cercato anche di fargli avere la pensione di accompagnamento e il reddito di cittadinanza, ma lui si è sempre rifiutato di collaborare. Ogni mese percepisce la pensione d’invalidità ma pare che non va nemmeno a ritirarla. Allora con l’aiuto del consigliere municipale, Sergio Lomasto, mi sono rivolta a un giudice perché nominasse un amministratore legale, un tutore che prendesse le decisioni per mio fratello, ma lo scorso settembre ho saputo che la persona nominata, un avvocato, ha rifiutato l’incarico, dichiarando che era impossibile interagire con lui. Così a un anno di distanza stiamo aspettando ancora che sia nominato quest’amministratore».
 
Affidare Alberto a un tutore legale è un passaggio fondamentale per intraprendere un percorso di recupero: «Nelle sue condizioni è possibile solo un trattamento sanitario obbligatorio, che però è limitato nel tempo – spiega il consigliere alla X Municipalità, Lomasto –. Scaduto il tso, se Alberto non dà il suo consenso a essere ricoverato in una struttura adeguata, inevitabilmente torna per strada. Per questo ho presentato un esposto alla Procura della Repubblica per chiedere di stabilire in questa vicenda chi potrebbe e dovrebbe fare qualcosa e non lo sta facendo».
 
Intanto, l’uomo peggiora di giorno in giorno, diventando un pericolo per se stesso e per gli altri: «Mio fratello è un drogato e malato di mente, non può continuare a stare in quelle condizioni – afferma sua sorella –. È sempre più aggressivo e prima o poi succederà qualcosa di brutto, mentre aspettiamo che giudici e assistenti sociali si muovano a decidere».
 
Ma la sensazione che ormai la situazione sia insostenibile è diffusa in tutto il circondario e, ora più che mai, quelli che lo conoscono e lo hanno visto crescere sono preoccupati per lui, oltre che stanchi di sopportare le sue intemperanze, non solo sonore. Per questo qualcuno si è attivato per cercare una soluzione che innanzitutto salvaguardi lui. È stato anche creato un gruppo Facebook, #SalviamoAlberto, dove, oltre a segnalare le sue condizioni giornaliere e i suoi spostamenti, si dà conto delle iniziative intraprese affinché i servizi sociali e quelli sanitari se ne prendano cura. Ma ovviamente c’è anche spazio per le lamentele: «Di notte non si dorme per le sue urla, di giorno lo vedi fare i suoi bisogni per strada o andare in giro nudo – protestano alcune signore –. Bisogna farlo ricoverare e curarlo, non si può andare avanti così».
 
In difficoltà anche i numerosi commercianti della zona: «Spesso si avvicina alle vetrine con i pantaloni abbassati e dobbiamo chiedergli di ricomporsi e allontanarsi – racconta Antonella, dipendente di un negozio di climatizzatori –.
Di solito ubbidisce e va via, ma è una pena vederlo in quelle condizioni. Bisogna farlo curare». Una richiesta unanime di cui, però, al momento nessuno può farsi carico. Nel frattempo, per Alberto e i residenti di via Diocleziano si prospetta un’altra notte insonne.

© RIPRODUZIONE RISERVATA