Napoli, un mercante svizzero voleva il Salvator Mundi: «Trasportato in scooter»

Napoli, un mercante svizzero voleva il Salvator Mundi: «Trasportato in scooter»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 27 Aprile 2022, 23:24 - Ultimo agg. 28 Aprile, 19:58
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Un mercante svizzero era pronto ad acquistare il Salvator Mundi trafugato dalla basilica di San Domenico Maggiore. L’affare era fatto e avrebbe rappresentato incassi da capogiro per due bande di ladri e ricettatori napoletani, quelli - per intenderci - che avrebbero ricevuto una sorta di benedizione laica da parte di Maria Licciardi, la madrina della camorra. Sono questi i retroscena che emergono dalle intercettazioni che stanno alla base del fermo della Procura a carico di sei soggetti, ritenuti esponenti di due gang: quella dei ladri; e quella dei ricettatori. 

Ma la storia del furto dell’opera eseguita da un allievo di Leonardo da Vinci è destinata a nuovi approfondimenti, almeno alla luce di quanto sta emergendo dalle carte delle indagini condotte dai carabinieri del Ros (agli ordini del comandante Andrea Manti) e dalla squadra mobile (guidata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini).

In sintesi, il quadro era pronto ad essere venduto, al prezzo scontato di un milione di euro, nelle mani di un mercante svizzero. 

E sempre in questo scenario spunta il ruolo di una donna, che in passato svolgeva il ruolo di raccoglitrice di elemosine (una delle tante figure femminili ai bordi di quella comunità ecclesiastica), proprietaria di appartamenti e titolare di un tesoretto di quattrocentomila euro. Ma restiamo ai fermi che questa mattina dovranno essere convalidati dal gip del Tribunale di Napoli. Il furto aggravato viene contestato a Pasquale Ferrigno, anziano custode (oggi in pensione), che avrebbe mostrato le vie di accesso più rapide all’interno della basilica, conducendo i due ladri (per i pm si tratta di Marco Fusaro e di Tommaso Boscaglia, quelli «della prima squadra»), che avrebbero materialmente messo le mani sul quadro. Qualche domanda: come hanno fatto ad entrare nella sala del tesoro?

Chi gli ha fornito la chiave? Difeso dal penalista Francesco Esposito, Ferrigno nega di aver avuto a disposizione la chiave, che è a sua volta custodita in una cassaforte protetta da una combinazione nota solo a pochi soggetti all’interno della Basilica. Stessa linea da parte degli altri indagati (difesi, tra gli altri, dal penalista Carllo Fabozzo). Fatto sta che una volta prelevato il quadro, sarebbe entrata in azione una seconda gang, quella dei ricettatori, che avevano il compito di piazzare il dipinto: si tratterebbe di Vincenzo Esposito, Domenico De Rosa e Antonio Mauro. Quest’ultimo avrebbe avuto un ruolo decisivo, quanto meno per la ricerca dell’acquirente. È lui a rivolgesi a Maria Licciardi, dove viene intercettato il 16 gennaio scorso, qualche giorno dopo aver realizzato il furto. Il quadro scotta, dice. Fa capire che hanno interessato, sempre per l’acquisto, camorristi scissionisti, ma anche avvocati, primari di ospedale, pur di piazzare l’opera. Di fronte alla possibilità del colpo, Maria Licciardi si limita a dare il via libera all’operazione, che dovrebbe portare nelle tasche della gang qualcosa come un milione di euro (duecentomila euro solo al custode, ndr). In questo scenario emerge il modo in cui è stato trasportato in via delle Brecce, dove venne recuperato in casa di un custode (si tratta di Silvio Vitagliano che ha patteggiato una condanna a pochi anni).

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Spiega Mauro alla Licciardi: «Appena aprono i musei si ribalta il mondo», a proposito della riapertura post pandemia della Basilica. Ed è proprio dalle intercettazioni che emerge il modo in cui venne trasportato in via Brecce il quadro. Dice uno degli indagati: «Ce lo portammo sopra il motorino quel coso, ce lo mettemmo in mezzo al Sh, ce lo portammo avanti e indietro da qua passammo a casa mia...». Non è finita. La gang avrebbe puntato anche ad altri quadri, anche se di minor pregio, mentre c’è un filone di indagini che conduce in Salita Scudillo, dove alcuni istituti religiosi sarebbero stati presi di mira sempre con lo stesso modus operandi. 

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