«A Natale dal governo neanche un messaggio per i morti di Genova»

«A Natale dal governo neanche un messaggio per i morti di Genova»
di Francesca Raspavolo
Venerdì 28 Dicembre 2018, 23:05 - Ultimo agg. 29 Dicembre, 07:58
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«Ci hanno lasciati soli. Il nostro dolore e quello di altre 43 famiglie non riceve rispetto, neanche una parola di conforto per il Natale». Roberto Battiloro, 58 anni, è il coraggioso papà di Giovanni, una delle 43 vittime del crollo del ponte Morandi a Genova. Era il 14 agosto quando il suo primogenito, 30 anni, videogiornalista come il padre, è stato inghiottito per sempre dalle macerie del viadotto franato alle 11.10. Insieme a lui c’erano gli amici di una vita, Matteo Bertonati, Gerardo Esposito, Antonio Stanzione, tutti di Torre del Greco. Stavano andando in vacanza. Da allora sono trascorsi quasi 5 mesi e quello appena trascorso è stato il primo Natale senza questi ragazzi semplici e generosi.

Roberto, cosa significano queste festività senza Giovanni?
«La perdita di Giovanni è un dolore che non conosce tregua e che non troverà mai sollievo: la casa è vuota senza di lui, figuriamoci se abbiamo avuto testa per le feste. Cerchiamo di andare avanti con la routine, ognuno di noi a modo suo. Io mi concentro sul lavoro, raccontando cosa non va in Campania, venendo a contatto con persone che come me soffrono e provando a dare il mio contributo. Impegnarmi nel sociale mi aiuta a diluire lo strazio».

La sua famiglia come sta?
«Stanno tutti male, non può essere altrimenti. Mia figlia Laura si impegna nel lavoro mentre mia moglie Carmela è quella che soffre di più: era la mamma, è la mamma di Giovanni, il suo è un dolore unico. Stiamo seguendo un percorso psicologico di recupero ma è dura, cerchiamo di essere presenti a tutte le manifestazioni in memoria di Giovanni affinché il ricordo non svanisca».

E questo le basta per andare avanti? 
«Decisamente no. Il mio unico conforto è vivere la vita che hanno strappato a Giovanni: abbiamo le stesse passioni, il giornalismo, la batteria, la musica. Lavoro e suono, porto avanti i suoi ideali: ogni giorno quando mi sveglio, è come se avessi la sua mano sulle spalle che mi guida e mi dà forza».

In questi 5 mesi chi le è stato vicino? 
«Amici, parenti, colleghi, le persone che c’erano già prima. Soltanto due politici mi sono stati accanto: Bruno Tabacci ed Emma Bonino. Li ho incontrati in forma privata per chiedere un emendamento che introduca un risarcimento per le famiglie delle vittime della pubblica amministrazione».

Vittime della pubblica amministrazione, ci spieghi meglio.
«Come Davide, morto a Napoli schiacciato da un pino, come Antonio, ucciso a Bruxelles dal terrorismo, come le vittime di femminicidio e camorra: chi sopravvive a questi traumi porta una croce a vita. È per questo che chiediamo un ristoro per i parenti più stretti, una copertura sociale che aiuti le famiglie a continuare a vivere, per quanto questa possa chiamarsi vita».

Per Natale nessun politico l’ha contattata?
«No, non una parola dalle istituzioni, dai responsabili della morte di mio figlio».

 

Chi sono i responsabili della morte di suo figlio? 
«Ci sono evidenti ed eclatanti concorsi di colpa: 21 indagati che fin da principio si stanno avvalendo della facoltà di non rispondere, dopo 5 mesi attendiamo ancora l’abbattimento del ponte. Non è giusto: ci sono state negligenze gravissime».

È arrabbiato? 
«Arrabbiato, ma soprattutto deluso: il nostro dolore e quello di altre 43 famiglie non riceve rispetto. Abbiamo anche intrapreso un’azione legale per capire come verrà investito il denaro raccolto a nome di mio figlio».

Cosa si aspettava? 
«So bene che ci saranno altre sciagure che faranno dimenticare la nostra, ma speravo in un messaggio per Natale, una parola di conforto, attenzione. E invece nulla».

Parla del governo?
«Sì certo, del governo: dal mio punto di vista è loro la responsabilità dell’accaduto, chiaramente insieme a Autostrade: sono responsabili moralmente e giuridicamente della strage di Genova, eppure non ci hanno mai considerati. Per non parlare dei ministri».

Un nome per tutti, il ministro Toninelli? 
«Già, Toninelli, proprio lui: è stato fuori luogo, la storia del plastico l’ho presa malissimo, ho evitato di guardare la tv, quelle battute non mi facevano ridere, mi indignavano. Queste persone portano una responsabilità morale, prima ancora che giuridica».

Crede nella giustizia?
«Ci credo, ho fiducia nella Procura di Genova che sta lavorando in condizioni difficili ma dopo cinque mesi ancora zero risultati. Vogliamo la verità e le condanne, vogliamo che i responsabili paghino. E lo vogliamo in tempi normali, anche se di normale questa storia non ha nulla: un ponte non dovrebbe crollare mai. È successo, ma non deve accadere mai più. Lotto con tutte le mie forze di padre perché non si ripeta. Lo devo a Giovanni e a tutti gli italiani».
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