Giancarlo Siani, Fragliasso: «Io, procuratore a Fortapàsc nel nome del cronista ucciso»

Giancarlo Siani, Fragliasso: «Io, procuratore a Fortapàsc nel nome del cronista ucciso»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 24 Settembre 2020, 09:14
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Tra le prime cose che ha fatto, quando a giugno ha preso possesso del suo ufficio di procuratore di Torre Annunziata, è stata di visitare i quartieri più popolari di Torre Annunziata e di Castellammare di Stabia. Nunzio Fragliasso, nuovo capo dei pm oplontini, ha voluto visitare e in un certo modo rendere omaggio ai «luoghi di Giancarlo Siani», dando al suo mandato di procuratore di Torre Annunziata una connotazione precisa: «Quella di lavorare nel solco e nella eredità lasciata dal giovane cronista ucciso dalla camorra, un mio coetaneo, colpito a morte quando ero all'inizio della mia carriera in magistratura. Una vicenda che ha rafforzato la mia determinazione a lavorare sodo, dodici ore al giorno, sempre alla ricerca della verità e della legalità. Stavo svolgendo il tirocinio quando fui raggiunto dalla notizia dell'omicidio, oggi posso confermare di lavorare perché la sua testimonianza non vada dispersa, ma possa rappresentare un bagaglio di esperienza anche per le nuove generazioni». Reduce da un'iniziativa finalizzata a restituire alla cittadinanza villa Tamarisco, confiscata all'omonimo boss vesuviano, il procuratore Fragliasso ricorda con il Mattino l'attualità del lavoro giornalistico di Giancarlo Siani, con lo sguardo a quel ragazzo stroncato dai killer nel fiore degli anni, ma anche in vista del lavoro da compiere nei prossimi anni.

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Procuratore Fragliasso, nei suoi articoli Siani indicava equilibri criminali che riguardavano non solo Torre Annunziata, ma il Napoletano e il Casertano, a che punto è la lotta al malaffare nel territorio di sua competenza?
«Partiamo dalle notizie delle ultime ore: una bomba esplosa a Trecase e una sparatoria a Pompei qualche giorno fa, una stesa (o scorreria armata) appena due sere fa all'indirizzo della casa di un esponente di un clan camorristico a Torre annunziata testimoniano, caso mai ce ne fosse bisogno, di una situazione allarmante della criminalità, organizzata e no, a Torre annunziata e nei centri limitrofi. C'è ancora tanto da fare, ma alcuni passi avanti sono stati fatti: la confisca di un luogo simbolo del malaffare come Palazzo Fienga e la prossima destinazione dello stesso a sede di uffici pubblici e delle Forze dell'ordine è sicuramente un segnale incoraggiante per la collettività».
 

 


Dalla cronaca di questi mesi emergono ancora - 35 anni dopo - i nomi denunciati da Siani: Gionta (e ormai siamo alla terza generazione), Limelli-Vangone, D'Alessandro: prima o poi questi clan verranno colpiti in modo definitivo?
«È il mio auspicio sia come Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, che come cittadino di questo territorio: posso garantire il massimo impegno, mio e dei magistrati del mio ufficio, nel contrasto ad ogni forma di criminalità, nella consapevolezza che la criminalità organizzata attecchisce e prospera nei territori dove più è diffusa l'illegalità, anche se la mera repressione non basta: occorre piuttosto il contributo sinergico, anche in chiave preventiva, di tutte le istituzioni pubbliche. Nessuno può tirarsi indietro o delegare quote di responsabilità».

Durante il lockdown, un affiliato ai Gionta (fresco di scarcerazione) è stato vittima di un attentato consumato da un balcone all'altro, a che punto sono le indagini su questa vicenda?
«Si tratta di un grave episodio che dimostra e conferma come la criminalità organizzata sia radicata sul territorio. Ma è una vicenda per la quale le indagini sono coordinate dalla Dda di Napoli».
 
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Per anni Siani denunciò le condizioni di vita nel cosiddetto quadrilatero delle carceri, quanto è importante un risanamento anche culturale e urbanistico dei rioni più malfamati di Torre Annunziata?
«Le condizioni di degrado culturale ed urbanistico di interi quartieri della città, come quello denominato il quadrilatero delle carceri, concorrono certamente all'emarginazione sociale di coloro che vi abitano e conseguentemente li espongono maggiormente alla devianza criminale. È per questo che il risanamento urbanistico e l'emancipazione culturale, oltre che un'accorta politica occupazionale, sono tra le condizioni indispensabili per il recupero di intere fasce della popolazione a rischio. Non a caso una delle prime cose che ho ritenuto di fare, dopo essermi insediato alla guida della procura oplontina, è stato recarmi nel quadrilatero delle carceri e in altre realtà degradate di Torre Annunziata e di Castellammare di Stabia per rendermi conto personalmente delle condizioni in cui versano i quartieri più a rischio della città. La Procura di Torre Annunziata ha di recente disposto il sequestro e lo sgombero di alcuni edifici, ubicati nel quadrilatero delle carceri, che minacciavano il crollo e per i quali non era stata data ottemperanza alle ordinanze del Sindaco per la messa in sicurezza degli stessi».

Come cittadino, prima ancora che come magistrato, che ricordo ha della vicenda di Giancarlo Siani?
«Ero già in magistratura all'epoca dell'omicidio di Giancarlo Siani, che era un mio coetaneo, e stavo svolgendo il tirocinio presso la Procura di Napoli.
Ricordo lo sconcerto e il dolore che provai per la sua uccisione, così come ricordo l'ansia investigativa che connotò le prime indagini coordinate dai colleghi più anziani. Giancarlo ha pagato con la vita il suo coraggio di cercare e denunciare le verità, anche quella più scomoda, a tutti i costi. Una fulgida testimonianza di impegno civile che mi auguro sia da esempio per le giovani generazioni. Se così fosse, vorrà dire che il sacrificio di Giancarlo non è stato vano».

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