Non è successo per caso, non sono state pallonate fortuite, hanno proprio deciso deliberatamente di colpire il pannello dedicato a Giancarlo Siani e distruggerlo. Esaminati i filmati delle telecamere da parte dei carabinieri, emerge una situazione ancor più grave rispetto al raid vandalico consumatosi lunedì all'esterno della Fondazione Polis, l'associazione regionale che difende le vittime della criminalità, nei pressi Santa Lucia. Dalle immagini, ora al vaglio dei militari dell'Arma, si vede chiaramente che i ragazzini che hanno distrutto il cartello che raffigurava la Mehari del giornalista del Mattino ucciso dalla camorra, lo hanno fatto con l'intento di romperlo. Non una partita di pallone con qualche tiro maldestro, ma quel cartellone all'esterno della Fondazione è stato utilizzato come una sorta di bersaglio. Essendo tutti minorenni - come sembrerebbero testimoniare i filmati - è plausibile che i ragazzini potessero non sapere che quella Mehari era l'auto di un giornalista ammazzato, eppure si leggeva chiaramente che quel cartello era stato piazzato per invitare le persone al Pan, nella «Sala della Memoria», come era scritto, a visitare la mostra dedicata alle vittime innocenti. E invece quel pannello è diventato un passatempo, un bersaglio da cogliere con un pallone e riderci sentendosi forti, impuniti. Perché, in fondo, il messaggio insito che gli scugnizzi hanno imparato da sempre è sempre lo stesso: ciò che è pubblico lo si può distruggere, come avviene per tanti altri oggetti di pubblica utilità. Dalle fontane ai vagoni e le stazioni della metropolitana. Ciò che è di tutti non è di nessuno e quindi si può pure distruggere.
«Più volte - spiega ora don Tonino Palmese, l'anima dell'associazione Polis, da sempre in prima linea per difendere i più deboli e le vittime della criminalità - abbiamo provato a dialogare con questi ragazzi.
Le immagini del raid sono al vaglio degli inquirenti per procedere all'identificazione dei responsabili. Servirà qualche giorno per risalire all'identità di ognuno. Inizialmente non era stato escluso che quel gesto fosse stato compiuto per vendicare la cancellazione o la minacciata rimozione degli altarini e dei murales dedicati a criminali e camorristi come già avvenuto qualche settimana fa a San Pietro a Patierno con lo sfregio del murale disegnato da Jorit per Nino D'Angelo. «I morti non si cancellano», era stato scritto sotto il volto del cantante partenopeo. Da mesi è infatti in corso un forte dibattito in città sull'opportunità di questi omaggi rivolti a personaggi della malavita. Fino ad oggi soltanto il murale dedicato al baby-rapinatore Luigi Caiafa a Forcella è stato rimosso e poi un altarino, proprio a San Pietro a Patierno, che ricordava Benvenuto Gallo. Resta invece intatto il murale per il 15enne Ugo Russo sulla cui legittimità si esprimerà il Tar non prima del prossimo aprile. Una vicenda che ha ormai superato i confini locali finendo persino all'attenzione dei media internazionali dove si è posto l'accento sui ragazzini sempre più giovani che a Napoli si danno al crimine. «Camorra Millennial» aveva intitolato un suo reportage la principale tv spagnola. I ragazzini che hanno distrutto il cartellone di Giancarlo Siani, invece, non hanno nulla a che fare con la camorra probabilmente, ma la mentalità di cancellare i simboli positivi è certamente un campanello d'allarme sul quale bisognerebbe interrogarsi.