Giancarlo Siani, la villa del killer confiscata ma deserta: a vuoto due bandi

Giancarlo Siani, la villa del killer confiscata ma deserta: a vuoto due bandi
di Ferdinando Bocchetti
Martedì 2 Giugno 2020, 09:30 - Ultimo agg. 09:32
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La casa di Armando Del Core, il killer del clan Nuvoletta condannato all'ergastolo per l'omicidio di Giancarlo Siani, non sarà riutilizzata per i fini sociali previsti dalla legge Rognoni-La Terra. Nessuna associazione o cooperativa ha risposto ai bandi (ben due) emanati dal comune di Marano nel corso degli ultimi mesi.

Un bene confiscato, uno dei circa 150 nelle disponibilità dell'Ente, che doveva essere occupato - per almeno sette anni - da persone o da un nucleo familiare in gravissime difficoltà economiche. Il Comune di Marano acquisì l'appartamento al proprio patrimonio immobiliare nel lontano 2014. La casa di Del Core, alias «Armando o Pastore», è situata all'interno di un parco di via Recca, nella zona collinare di Marano. Zona residenziale, a un tiro di schioppo dalla collina dei Camaldoli, dove un tempo venivano coltivate le pregiatissime ciliege «Arecca». Era lì che aveva deciso di vivere il boss del clan Nuvoletta, arrestato nel 1995, dieci anni dopo l'assassinio del cronista del Mattino.

Il nome di Del Core, insieme a quello di Ciro Cappuccio (l'altro killer di Siani), è tornato prepotentemente alla ribalta nei giorni scorsi: o Pastore è infatti indagato insieme ad alcuni esponenti del clan Polverino, arrestati nell'ambito di un'operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Gli inquirenti hanno accertato che i Nuvoletta, clan al quale è affiliato Del Core, e successivamente i Polverino e gli Orlando - oggi egemoni in città - hanno provveduto al sostentamento economico della sua famiglia. «Mesate» per 35 anni, insomma, per assicurarsi i silenzi sull'omicidio.
 


La casa di Armando Del Core non è l'unico esempio di beni sottratti alla camorra ancora non riutilizzato per i fini sociali previsti dalla legge. La lussuosa villa del super boss Polverino, confiscata dallo Stato nel lontano 1996, è oggi l'emblema del degrado. Una struttura da sogno, con vista sulla conca di Quarto, che avrebbe dovuto fungere da centro di orientamento e formazione per immigrati o da scuola, come ipotizzato anni fa dal Miur. Un progetto poi accantonato.

Identico leitmotiv anche per un'altra villa da sogno, realizzata in una traversa di Città Giardino, e appartenuta a Castrese e Giuseppe Palumbo, meglio noto come o Svitapierno. Fu ribattezzata «Villa Scarface» ed era - almeno fino a pochi anni fa - in discrete condizioni. All'interno il trionfo del lusso e del kitsch: scalinata centrale, tavernette, sala biliardo, beauty farm, sauna, stature di santi, specchi dorati e l'immancabile poster di Al Pacino.

Nessun progetto di riutilizzo è stato finora presentato anche per le ville sottratte ai Simeoli, famiglia di colletti bianchi (imprenditori del mattone) legati al clan Polverino e per i tanti beni (più di trenta) acquisiti negli ultimi anni dal Comune ubicati principalmente in via Marano-Pianura, un tempo feudo dei Polverino. Stessa musica anche per l'asilo nido sorto (solo parzialmente) nel piazzale intitolato al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. È un rudere ormai, benché sia stato finanziato dalla Regione per 700 mila euro. I lavori, iniziati nel lontano 2010, non sono mai stati ultimati e i motivi non sono mai stati ufficialmente chiariti.

Sono poche le note liete nella città della provincia di Napoli con il più alto numero di beni sottratti ai tentacoli delle organizzazioni criminali. Tra queste una casa famiglia (Casa Maria) realizzata e inaugurata poco più di un anno fa in via San Tommaso. Di recente, invece, una lussuosa villa al parco delle Rondini di via Del Mare è stata affidata (attraverso un bando) a un'associazione.
Villa con giardino e annessa piscina che, secondo gli inquirenti, era di fatto nelle disponibilità di uno dei figli di Polverino. 

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