Gigi riparatutto con filosofia:
«Entro nel cuore degli oggetti»

Gigi riparatutto con filosofia: «Entro nel cuore degli oggetti»
di Maria Pirro
Lunedì 12 Agosto 2019, 08:31 - Ultimo agg. 21:35
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Lavora in fabbrica. Ma è nell'officina di casa che produce futuro. Restituisce un'anima agli oggetti che oggi si spengono veloci, nel silenzio, spariscono come la memoria nello smartphone tra indifferenza e rassegnazione. Gigi Santillo, 45 anni, riparatutto. «Anche una lampadina fulminata», racconta con orgoglio, sottovoce, spiegando di aver catalogato con precisione schede elettroniche, viti e tanti altri pezzi che, all'apparenza, non servono più. I cassetti, nella sua stanza-laboratorio in piazzetta Nilo, contengono i resti di una città continua che, come la Leonia di Italo Calvino, rifà se stessa ogni mattina, e assedia le strade di rifiuti. Cose che vengono frettolosamente buttate per far posto alle nuove. Corpi morti, o comunque dati per spacciati, che l'addetto dello stabilimento partenopeo recupera con rigore, etica e passione, sottraendoli a un destino implacabile e sempre più diffuso.

 

Sono passati più di dieci anni dalla sua assunzione alla Hitachi, la fabbrica di treni un tempo adagiata sul golfo di Pozzuoli, ex AnsaldoBreda, ex Sofer, ex Armstrong e l'elenco delle sigle e delle aziende potrebbe continuare. Dopo un'esperienza a Londra, conclusa nel 2005, Santillo ha accettato l'impiego. «Mi hanno preso proprio per la conoscenza dell'inglese, ma sono stato all'estero per un'altra ragione», rivela il suo progetto rinchiuso nel cassetto segreto, ossia fare il regista dopo aver frequentato la London Film Academy e, ancor più sottovoce, Luigi indica i cortometraggi, i musical e le opere realizzati, tra cui uno spot sociale per la scuole commissionato dalla Regione Campania. «Superati i trent'anni, ho accantonato l'attività per inseguire il posto fisso», dice abbozzando un sorriso, con la concretezza ereditata in famiglia che non ammette rimpianti. «Mia sorella ha fatto lo stesso dopo aver vissuto in Belgio, Francia e Spagna», aggiunge il perfetto addetto alle commesse, grato all'azienda di via Argine per le ulteriori informazioni che ha potuto apprendere sul campo e mai avrebbe immaginato. Nel suo sguardo, limpido e impenetrabile insieme, nulla più ricorda il passato dietro la macchina da presa, e nemmeno gli studi di filosofia sospesi poco prima della laurea. Come per gli oggetti, apparentemente. Resta viva l'anima, nella filosofia quotidiana praticata da Santillo. È la sua dottrina delle idee, un tipo di esistenza ispirato a Platone che, tuttavia, apprezza le cose comuni: queste, proprio in quanto soggette al divenire, sono particolari, contingenti e mutevoli. E, dentro, hanno sempre una spiegazione. «Occorre capire il meccanismo per rimettere in moto qualsiasi cosa, ma prima di tentare è indispensabile studiare», aggiunge Gigi, riaccendendo il frigorifero dei genitori. «Mi chiedono aiuto anche i vicini e, ovviamente, i parenti e gli amici, quando hanno un elettrodomestico ko o il computer che non funziona», ride. E lo fanno, ne è cosciente, non solo per comodità, perché la sua piccola bottega è a due passi e a costo zero. Ma per necessità: le sedi ufficiali non ci sono più. Mancano negozi pieni di cianfrusaglie, fili, tv analogiche e vecchi arnesi, gli stessi che di domenica si vedono nei mercatini delle pulci e dell'usato e restano tra il lenzuolo e l'asfalto. «Riparare una lampadina fulminata costa più che acquistarne una», ammette Gigi. Ma il suo è anche un impegno etico, per uno sviluppo sostenibile. E poi, la spesa maggiore è il tempo da dedicare al ragionamento per operare. «Serve tempo e, soprattutto, tanta pazienza», aggiunge mostrando qualità senza dubbio in controtendenza. E continua a parlare sottovoce, da uomo d'altri tempi. È una sorta di resistenza, la sua. Vuole conservare uno spazio di creatività pur accettando come va il mondo, continua ad andare alla ricerca del perché di questo mondo. E a farlo in direzione ostinata e contraria, preservando un'identità più forte della depressione dei tempi moderni. Se la memoria sparisce con lo smartphone, è spesso perché le foto sbiadiscono quando il display non si riaccende. «Ma è sempre possibile recuperare quei momenti, anche cercando i pezzi su un mercato alternativo a quello delle multinazionali, che volutamente li eliminano. E, quando non si trovano, una soluzione è adattarne altri simili», aggiunge Santillo, che ha già sperimentato con successo questa strategia. Ad esempio, con le lucine del pc: è una visione tra sogno e realtà.
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