Giornata della Memoria, al Vomero il ricordo del piccolo Sergio De Simone

Giornata della Memoria, al Vomero il ricordo del piccolo Sergio De Simone
di Emiliano Caliendo
Giovedì 27 Gennaio 2022, 15:41 - Ultimo agg. 19:24
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In occasione della Giornata della Memoria per le vittime dell'Olocausto, si è svolta al Vomero la cerimonia in ricordo di Sergio De Simone, bambino napoletano di 7 anni deportato ad Auschwitz dall’esercito tedesco nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

L’omaggio alla piccola vittima della barbarie nazista è stato tributato con una corona di fiori davanti alla sua abitazione napoletana, in via Morghen al civico 65bis, dov’è collocata una pietra d’inciampo in ottone per perpetrarne il ricordo. Presenti il fratello maggiore Mario, la presidente della Municipalità Vomero-Arenella Clementina Cozzolino, il presidente della Consulta della Legalità della Municipalità il magistrato Aldo De Chiara e l’esponente della Comunità ebraica di Napoli Claudia Campagnano. Hanno partecipato alla commemorazione anche due delegazioni di studenti della scuola media Andrea Belvedere e dell’istituto superiore Giustino Fortunato.

Con un pizzico di commozione Mario De Simone, 76 anni, nato nove anni dopo la morte del fratellino - a guerra ormai finita - racconta: «Questo posto rappresenta la casa dei miei genitori e dove sono nato anch’io.

Sono nato nel 1946 quando mia mamma tornata da Auschwitz e mio padre, militare, tornato da Dortmund dov’era prigioniero, si sono incontrati qui nel novembre del 1945. Ho conosciuto la storia di mio fratello sentendone parlare in famiglia: sono venuto a conoscenza dei particolari molto dopo quando nel 1985 ad Amburgo arrivarono delle lettere a mia madre. Lei si recò lì e capì. Tornò da quel viaggio completamente stravolta. Credo volesse morire nell’illusione che mio fratello fosse ancora vivo».

La storia di De Simone è una delle più atroci tra quelle degli ebrei italiani deportati e trucidati dai nazifascisti. Come si legge sulla pietra d’inciampo De Simone fu arrestato a Fiume il 28 marzo 1944. Nella città dalmata si trovava con la madre Gisella Perlow, di origine ebraica, che lì si era rifugiata per sfuggire alla guerra mentre il padre napoletano era in servizio come sottufficiale della Marina Militare italiana. Nel corso del conflitto Fiume divenne territorio parte integrante del Terzo Reich. Iniziarono quindi i rastrellamenti nei confronti delle famiglie anche solo sospettate di avere origini ebraiche. 

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Il piccolo Sergio, dapprima condotto al campo di concentramento della risiera di San Sabba, fu poi deportato ad Auschwitz dove venne scelto dal tristemente noto dottor Mengele come cavia per gli esperimenti di un altro medico Kurt Heissmeyer. Sergio De Simone fu tra i 20 bambini di varia nazionalità selezionati come cavie umane per esperimenti medici sulla tubercolosi compiuti da Heissmeyer nel campo di concentramento di Neuengamme nei pressi di Amburgo. Al termine dell'esperimento tutti i 20 bambini e i loro accompagnatori furono uccisi nei sotterranei della scuola amburghese di Bullenhuser Damm. Affinché la memoria di quanto accaduto a Sergio non possa più ripetersi suo fratello sottolinea il ruolo fondamentale delle nuove generazioni: «Questi ragazzi – afferma Mario De Simone - sono importanti in quanto sono loro i depositari di questa storia. Io ho 76 anni, saranno loro dunque a dover ricordare dopo di me. Spero che ci riescano, anche se solo uno continuerà a ricordare sarà una vittoria».

Sotto il profilo dell'impegno educativo la presidente Clementina Cozzolino ha assicurato: «C’è un impegno preciso della Municipalità, insieme alle scuole, di portare avanti la formazione di giovani con alti valori che possano con i loro comportamenti non far scendere nuovamente l’umanità così in basso. Episodi come quello verificatosi in provincia di Livorno devono farci tenere alta la guardia contro ogni forma di discriminazione». Il magistrato Aldo De Chiara, oggi a capo della Consulta della Legalità del quartiere, ribadisce: «Dobbiamo trasmettere ai giovani l’importanza di dire no all’odio e sì alla coesione sociale. Bisogna credere nei valori della Carta costituzionale». Le parole di Miriam, 18 anni, studentessa della scuola Giustino Fortunato, sembrano far ben sperare sotto questo punto di vista: «Sta a noi evitare che fatti del genere possano nuovamente riaccadere». 

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