Giornata nazionale della memoria e dell'impegno, ventimila in piazza contro le mafie

Giornata nazionale della memoria e dell'impegno, ventimila in piazza contro le mafie
di Giuliana Covella
Lunedì 21 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:34
4 Minuti di Lettura

«Non sono benefici quelli di cui dovreste godere, ma diritti perché ciascuno di voi è titolare di libertà e dignità, come dice la Costituzione». Le parole del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho risuonano nella sala del monastero di Santa Chiara, dove ieri si sono ritrovati centinaia di familiari di vittime innocenti delle mafie provenienti da ogni regione d'Italia per la Giornata nazionale della memoria e dell'impegno, promossa da Libera e Avviso Pubblico in collaborazione con la Rai che si svolgerà stamattina a Napoli. «Per me siete un modello straordinario - ha proseguito - perché attraverso voi e associazioni come Libera si arriverà a un riconoscimento per voi e i vostri cari». «Un riferimento fermo nella magistratura e nelle forze dell'ordine: questo serve ai familiari delle vittime per avere giustizia - ha aggiunto Cafiero De Raho - voi siete modelli che si muovono per insegnare il loro messaggio e il loro esempio», ha concluso. Tra gli intervenuti l'assessore comunale alla legalità Antonio De Iesu, il presidente nazionale di Libera Don Luigi Ciotti e il referente regionale Mariano Di Palma. A conclusione la veglia presieduta dal vescovo don Mimmo Battaglia, che ha detto: «Sono tutte persone accomunate dalla cicatrice profonda e dalle ferite ancora sanguinanti lasciate sulla loro pelle dal drago mafioso».

Video

«Dopo 37 anni credo ancora nella giustizia e nelle istituzioni. Questo per me è il vero senso della memoria e dell'impegno civile». Ricorda così Margherita Asta il sacrificio della madre e dei due fratellini alla vigilia della Giornata nazionale di Libera contro le mafie, che si tiene oggi a Napoli con partenza alle 9 da piazza Garibaldi. Un corteo - a cui parteciperà il presidente della Camera Roberto Fico - che attraverserà corso Umberto, via Medina, piazza Municipio per concludersi a piazza Plebiscito, dove saranno letti i nomi delle 1055 vittime delle mafie. Un Paese intero che si mobiliterà per ricordare il sacrificio di tanti innocenti, con familiari provenienti da ogni città. Come Margherita, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Giuseppe e Salvatore Asta, uccisi il 2 aprile 1985 a Trapani, nella strage di Pizzolungo, in cui si voleva colpire il giudice Carlo Palermo: «La loro auto si trovò tra quella del magistrato e l'autobomba, dei loro corpi furono rinvenuti solo brandelli. Io mi salvai perché quella mattina non andai a scuola. Ma ho ancora fiducia dopo 37 anni in tutti quei magistrati che cercano di far luce sulla verità». Dalla Calabria arriva Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, 44enne vittima di ndrangheta: «Era un'imprenditrice agricola con tre figli, con una vita felice a Rosarno. Fino a quando la fecero sparire il 6 maggio 2016 perché si era separata dal marito. Di lei fu ritrovata solo l'auto. Un pentito ha dichiarato che il suo corpo sarebbe stato distrutto da un trattore e dato in pasto ai maiali». Pinuccio Fazio è il papà di Michele, ucciso per errore a 15 anni il 12 luglio 2001 a Bari: «Fu colpito in un conflitto a fuoco. La mattina lavorava in un bar e la sera andava a scuola serale perché voleva diventare un carabiniere, come quelli a cui serviva il caffè ogni giorno». Sorella di Gianluca Cimminiello, tatuatore ammazzato il 2 febbraio 2010 dalla camorra a Napoli è Susy Cimminiello: «Mio fratello continua a vivere attraverso me nelle scuole e nelle carceri. Questo è il valore della memoria: ricordare perché non accada più». Figlia del sindaco di Pagani Marcello Torre, ucciso da Cutolo, è Annamaria Torre, che rimarca: «importante testimoniare e far capire che noi esistiamo e resistiamo». E ancora Lorenzo Sanua, figlio di Pietro, commerciante e sindacalista ucciso a Corsico il 4 febbraio 1995: «calpesto i piedi alla ndrangheta, ribellandosi al racket e a quel sistema criminale. Ma dopo 27 anni non è stata fatta giustizia». Tra i tanti familiari anche Davide Palmisano, figlio di Marcello, giornalista del Tg2 ucciso il 9 febbraio 1995 a Mogadiscio in un agguato per uno scambio di persona: «Avevo 15 anni, mi crollò il mondo addosso.

Ad oggi sappiamo solo che mio padre sarebbe rimasto vittima di una guerra tra bande per il racket sul commercio di frutta». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA