Giuramento di Ippocrate domani a Napoli: «Noi, giovani medici in trincea per il Covid: non molleremo mai»

Giuramento di Ippocrate domani a Napoli: «Noi, giovani medici in trincea per il Covid: non molleremo mai»
di Melina Chiapparino
Domenica 14 Novembre 2021, 09:00 - Ultimo agg. 15 Novembre, 18:50
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Il giuramento che li consacrerà a praticare l'arte medica, sarà pronunciato domani mattina ma i principi che ispirarono Ippocrate, fanno già parte del loro vissuto. Sono i giovani medici che da freschi laureati, hanno scelto di combattere in prima linea la pandemia, assistendo gli ammalati nei pronto soccorso, nelle Rsa e tra le mura domestiche. Per la prima volta, la cerimonia dei novecento nuovi appartenenti all'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Napoli che si svolgerà dalle 10 al Teatro Augusteo, sarà anche la testimonianza di una generazione di professionisti «con una marcia in più» come ha sottolineato il loro presidente, Bruno Zuccarelli. «Quest'anno, il giuramento di Ippocrate sarà completamente diverso da quelli passati dove ci voleva del tempo prima che i giovani cominciassero a lavorare realmente» spiega Zuccarelli che fa riferimento alla «laurea abilitante, introdotta da poco più di un anno che ha consentito a loro, di andare subito in trincea dove hanno dimostrato tutta la loro dedizione e competenza».

Tra i medici pronti a giurare, c'è anche chi si è ammalato di Covid ma nessuno di loro, ha mai pensato di arrendersi di fronte alle difficoltà. «Quando sono arrivata nell'Rsa con più di 50 anziani tutti contagiati dal Covid e con gravi comorbidità, ho temuto di non riuscire a essere tempestiva» racconta Felicia Sautariello, 30enne napoletana che ha contratto il virus proprio tra le mura della struttura per anziani. «Avevo perso mia nonna, di cui porto il nome e che ho rivisto in loro, cercando di ascoltarli oltre che assisterli, per curare anche l'isolamento e la solitudine in cui li costringeva il Covid» aggiunge la neo dottoressa che, dopo quest'esperienza ha scelto di specializzarsi in Malattie infettive e tropicali. «La paura del contagio, l'ho provata solo all'inizio e, per me, come per tutti noi, ha riguardato specialmente la preoccupazione di infettare i nostri familiari ma è passata in secondo piano con il coinvolgimento sempre maggiore del rapporto umano con i nostri pazienti» ha aggiunto Domenico Castillo, 27enne napoletano che ha lavorato nelle Unità Usca dell'Asl Napoli 1, visitando e tamponando a domicilio gli ammalati Covid.

Durante i turni di lavoro che spesso sono andati ben oltre le ore previste sulla carta, tutti i giovani medici hanno imparato ciò che nessun libro può insegnare. «Ho iniziato a usare gli occhi e lo sguardo come non avevo mai fatto e ho imparato a modulare il tono della mia voce e a gestire i movimenti del corpo, per comunicare con i pazienti» aggiunge Felicia ricordando quando lavorava indossando le tute di biocontenimento e la doppia mascherina. Ma sono proprio i ricordi più crudi e i sacrifici a rendere il giuramento di domani, particolarmente significativo. «Partire immediatamente in prima linea è stato traumatico ma di certo mi ha segnata per tutta la vita, sia come medico che come persona» spiega Concetta Tuccillo, 26enne di Afragola, specializzanda in Anestesia e Rianimazione. «Ho lavorato al pronto soccorso Covid di Brindisi dove c'erano così tanti ammalati da assistere e che continuavano ad affollare l'ospedale che, spesso, non andavo via anche se era finito il mio turno di 12 ore» continua la futura anestesista che ricorda di essere riuscita a far incontrare per l'ultima volta un'anziana con il proprio nipote, attraverso una delle pareti trasparenti del pronto soccorso.

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Aver cominciato subito a lavorare in piena pandemia, ha consentito ai neo laureati di «coltivare l'empatia e la sintonia con i pazienti» ma, ciascuno di loro, ha sacrificato anche la propria vita personale. «Ho visto mio nonno solo poco prima che morisse perché fino a quel momento, avevo evitato di andarci per paura di contagiarlo» racconta Andrea Uriel di Siena, 27enne napoletano che, per mesi, si è occupato della gestione di focolai Covid in Campania. «Ho fatto il medico di guardia in Basilicata, occupandomi principalmente di pazienti Covid e, successivamente, ho fronteggiato l'emergenza focolai nelle case di riposo e nelle Rsa» continua Andrea che ricorda con affetto il sorriso dei suoi pazienti anziani quando dopo lo spegnimento di un focolaio durato 32 giorni, videro per la prima volta il suo volto solo con la mascherina, senza la tuta e la visiera. Dopo più di un anno di sacrifici, ora è il momento di raccogliere i frutti. «Abbiamo vissuto un momento di estrema difficoltà anche dal punto di vista professionale ma ora siamo pronti a ripartire con tutta l'esperienza che abbiamo avuto il privilegio di vivere» afferma con entusiasmo Leopoldo Mauriello, 25enne laureato in Odontoiatria e protesi dentarie che domani leggerà la propria testimonianza insieme alla 24enne Beatrice Lama, la più giovane laureata con 110 e lode grata all'esperienza lavorativa nei centri vaccinali che le ha permesso di crescere «dal punto di vista umano ed emotivo, nel rapporto con i pazienti».

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