Il Golfo di Napoli intrappolato da buste e bottiglie: è record di plastica

Il Golfo di Napoli intrappolato da buste e bottiglie: è record di plastica
di Gennaro Di Biase
Giovedì 20 Giugno 2019, 20:44 - Ultimo agg. 21 Giugno, 06:32
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Il mare intrappolato nelle bottiglie, nei tappi, nei copertoni e nelle buste. Il record di microplastiche presenti nelle acque del Paese, cioè 3,56 per ogni metro cubo, è stato riscontrato sulla finestra del Golfo di Napoli, precisamente a Portici, durante una rilevazione effettuata nel 2017. Il dossier di Greenpeace, pubblicato nel 2018, parla chiaro: non solo nelle acque a ridosso di Napoli ci sono più microplastiche che in qualsiasi altro specchio d’acqua italiano campionato, ma il secondo posto delle Isole Termiti, con la concentrazione di 2.2 plastiche al metro cubo, è stato quasi doppiato.

E non è tutto, perché «da allora la situazione non è certo migliorata – spiega Giuseppe Ungherese, responsabile di Campagna Inquinamento Greenpeace Italia – Anzi. Nel Sarno poche settimane fa abbiamo trovato di tutto, peggio che in qualsiasi altro posto del Tirreno Centrale. E dal Sarno le microplastiche si spostano nel Golfo di Napoli.
 
A ridosso del prossimo inverno avremo i risultati delle campionature». In arrivo un altro dossier, quindi, sulle acque di Partenope e dintorni, e il documento fornirà anche dati e analisi sui pesci del Golfo, perchè «le microplastiche finiscono nei piatti a tavola», commenta Davide De Stefano, presidente dell’associazione Fondalicampania. Se il mare è una «plastica blu». 

La vetta della classifica del dossier di Greenpeace, se la si legge in senso virtuoso, spetta a Capo Rizzuto con 0.06 microplastiche al metro cubo. Bari e Messina (0.2 e 0.12) non sono messe affatto male. Lo scudetto dell’inquinamento, invece, è di gran lunga quello di Portici: 3,56 microplastiche al metro cubo, distribuite in 43% di polietilene, 6% di polipropilene, 8% di polistirene, 29% di viscosa e 6% di etilene vinil acetato. In arrivo c’è un altro dossier, e non ci si aspettano di certo rose e fiori:

«Durante il Mayday Sos Plastica – continua Ungherese – cioè il tour di Greenpeace che, assieme a i ricercatori del Cnr-Ias e dell’Università Politecnica delle Marche, per tre settimane ha attraversato il Tirreno Centrale per monitorare il livello di inquinamento da plastica, la situazione di gran lunga più preoccupante riguarda la Campania e il Sarno: lì abbiamo trovato una mole da capogiro di materiali sversati. E dal Sarno, ovviamente, le microplastiche si spostano nel Golfo di Napoli. Dalla rilevazione di Portici a oggi non si è fatto nulla per depurare le acque, e certamente la situazione da allora non è migliorata, anzi. I risultati dei campioni prelevati a inizio giugno arriveranno in inverno, ma non ci sono elementi per ritenere che le acque di Napoli siano uscite dalla lista dei mari più inquinati del Paese.

Qualcosa va fatto al più presto. Abbiamo trovato solo la parte visibile del problema: plastica grossolana, package, bottiglie, flaconi. Se questo vede l’occhio, immagino cosa ci sia nell’acqua». «La situazione sembra peggiorata – dice Francesca Zazzera di Greenpeace Napoli – Ad aumentare i problemi nel Golfo ci si mettono anche gli incendi sul Vesuvio e gli scarichi». 

Stando solo ai problemi visibili, nelle acque campane c’è di tutto, un packaging assortitissimo confermato dagli ambientalisti: sacchi e sacchetti di immondizia, giocattoli, imballaggi di polistirolo, tessuti, materiali elastici, cd con tanto di custodia. L’appello all’azione arriva anche da Fondalicampania, che annuncia una proposta di censimento degli scarichi abusivi presenti nel Golfo di Napoli in occasione dell’imminente Tavolo Blu promosso dal Comune (il cui bando è partito nei giorni scorsi): «Il Golfo di Napoli è ricco di storia e biodiversità – prosegue De Stefano – ma ha bisogno di essere preservato. Il mare è la principale risorsa del territorio, e negli ultimi anni diversi comuni del Golfo hanno sposato la causa ambientalista, tuttavia siamo appena all’inizio di questo percorso c’è ancora molto da lavorare. Bisogna tuttavia ammettere che la sinergia operativa fra le varie forze del territorio, comuni, cittadini, associazioni e organi competenti, è uno strumento essenziale per contrastare il degrado». 
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