Gragnano, l'assassino del 17enne: «Non volevo uccidere, mi sono difeso»

Gragnano, l'assassino del 17enne: «Non volevo uccidere, mi sono difeso»
di Dario Sautto
Sabato 30 Maggio 2020, 09:09 - Ultimo agg. 09:15
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«Sono stato aggredito. Langellotti mi ha afferrato per il collo, l'ho accoltellato per liberarmi. Poi non volevo uccidere Nicholas». Hanno scelto di non rispondere alle domande del giudice, ma hanno fornito dichiarazioni spontanee Maurizio Apicella e Ciro Di Lauro, 18 e 21 anni, accusati di aver ucciso a coltellate il 17enne Nicholas Di Martino (nipote del boss ergastolano Nicola Carfora) nella notte tra domenica e lunedì al centro di Gragnano, ferendo in maniera grave il 30enne Carlo Langellotti. Una lite maturata negli ambienti dei rampolli di famiglie di camorra, secondo l'accusa, legata probabilmente alla spartizione territoriale delle piazze di spaccio gragnanesi. Questo è emerso dai primi riscontri investigativi della polizia, nelle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli con il pm Giuseppe Cimmarotta. Tesi totalmente respinta sia dai ragazzi che dal collegio difensivo (avvocati Giuliano Sorrentino e Carlo Taormina per Apicella, Francesco Romano per Di Lauro) con un dubbio: «Oggi quel ragazzo potrebbe essere tra noi sostiene Taormina se l'ospedale avesse fatto il suo dovere. Bastava un laccio emostatico per bloccare l'emorragia».

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Anche per questo motivo, è stato nominato un consulente tecnico di parte per l'autopsia sulla salma di Nicholas che sarà eseguita questa mattina, prima dei funerali blindati. Dopo gli interrogatori, il gip del tribunale di Torre Annunziata, Valeria Campanile, ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, convalidando il fermo di Apicella per pericolo di fuga, con i due giovani arrestati che in parte hanno confermato la dinamica dei fatti. A corredo dell'accusa c'è un video inequivocabile che li riprende in una violenta rissa con Nicholas e suo cugino. Confermata l'aggravante mafiosa, gli atti sono stati trasmessi a Napoli per competenza. Secondo i suoi difensori Apicella avrebbe agito per legittima difesa, tesi che sarà ripresentata nelle prossime settimane al tribunale del Riesame. «Langellotti è un armadio - sostiene l'avvocato Taormina - Apicella si è difeso».

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I due giovani restano detenuti nel carcere di Secondigliano. Intanto, ieri la famiglia Carfora ha formalizzato la nomina dell'avvocato Antonio de Martino ed ha annunciato la sua costituzione di parte civile nell'eventuale processo ai due giovanissimi killer «perché a morire è stato solo un ragazzino». I cugini hanno aperto la pagina Facebook «Giustizia per Nicholas» e chiedono «l'ergastolo per queste bestie. Nicholas era un po' esuberante ma non aveva nulla a che fare con certi ambienti malavitosi. Ci aiutino il premier Giuseppe Conte e il ministro Luigi Di Maio». Sull'episodio di violenza che ha visto protagonisti alcuni giovanissimi vicini alle famiglie di camorra gragnanesi è intervenuto ieri monsignor Francesco Alfano, arcivescovo di Sorrento e Castellammare di Stabia: «La morte di un giovane non ci lascia indifferenti, mai.

Soprattutto quando è frutto di violenza. Restiamo sgomenti, impietriti. E ci ribelliamo. Non è possibile morire così. Non possiamo accettare rassegnati, continuando a vivere come se niente fosse accaduto». 

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