L'inchiesta a Castellammare: la camorra voleva l'affare ex Cirio

L'inchiesta a Castellammare: la camorra voleva l'affare ex Cirio
di Dario Sautto
Venerdì 7 Dicembre 2018, 08:34 - Ultimo agg. 09:50
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Si rivolgeranno tutti al Riesame e intanto restano in carcere o ai domiciliari gli arrestati nell'operazione «Olimpo». L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, ha individuato i vertici di quattro clan di camorra, e il coinvolgimento in prima persona dell'imprenditore Adolfo Greco. Anche lui, assistito dagli avvocati Giuseppe Maiello e Michele Riggi, ha scelto di rivolgersi direttamente al tribunale della Libertà. Una scelta difensiva, giustificata da alcuni aspetti: Greco, con la sua Cil srl, azienda di famiglia con sede a Castellammare che commercializza prodotti Berna e Parmalat, è vittima di almeno cinque estorsioni da parte dei clan di camorra, anche se lui stesso è accusato di estorsione aggravata. Vittime dei suoi insoliti contatti con i boss dei clan D'Alessandro, Cesarano, Di Martino e Afeltra, sarebbero suo cognato e un altro amico imprenditore di Agerola. Al primo secondo quanto ricostruito dai poliziotti del commissariato di Castellammare e della squadra mobile di Napoli Greco avrebbe imposto l'assunzione di un dipendente imparentato con un affiliato al clan D'Alessandro, mentre avrebbe consegnato il titolare di un'azienda casearia agerolese nelle mani del racket imposto dal boss Afeltra.
 
L'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, ha portato all'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare da parte del gip Tommaso Perrella, nei confronti di 15 dei 21 indagati per estorsione. Nove persone sono in carcere, altre quattro ai domiciliari, due sono riuscite a sfuggire al blitz, mentre per quattro esponenti di spicco del clan D'Alessandro non c'è stata misura perché sono già detenuti. Ieri mattina, dal magistrato per l'interrogatorio di garanzia si è presentata anche Teresa Martone, la 72enne vedova del defunto boss stabiese Michele D'Alessandro: assistita dall'avvocato Gennaro Somma si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Stessa scelta adottata anche dagli altri arrestati Michele Carolei, Vincenzo Di Vuolo e Liberato Paturzo, che restano in cella, nonché da Raffaele Carolei, Francesco Afeltra e Umberto Cuomo. Sarà interrogato oggi, nel carcere di Parma dove è detenuto al 41-bis (regime duro confermato appena una settimana fa) Nicola Esposito, detto o mostro, ritenuto uno degli ultimi reggenti del clan Cesarano, che comparirà dinanzi al gip assistito dall'avvocato Massimo Autieri. Ha negato di aver piazzato una bomba carta a scopo intimidatorio contro un supermercato, invece, Attilio Di Somma che, difeso dall'avvocato Francesco Schettino, ha sostenuto di non sapere nulla della vicenda.

Intanto, dalle intercettazioni, viene fuori un interesse della camorra sull'affare «housing sociale», la costruzione di nuove palazzine nell'ex stabilimento Cirio di Castellammare, oggi di proprietà dei Greco. Mentre parla con Michele Carolei, fratello di Paolo, ex reggente dei D'Alessandro, Greco fa trapelare i suoi timori: «Mi augurerei che noi nella Cirio non facessimo niente» per non avere a che fare con le nuove leve dei clan. «Non c'è più Paoluccio (Carolei), lui era un'altra cosa» sostiene Greco. All'affare ex Cirio sono legati anche i Polese, soci di Greco e titolari della Sonrisa. Proprio il defunto Antonio Tobia Polese, noto come il «boss delle cerimonie», era stato socio di Greco nell'acquisto del castello di Ottaviano per conto di Raffaele Cutolo. Una delle vicende controverse che, negli anni scorsi, aveva riguardato Adolfo Greco, il cui nome compare già nel 1981 nella trattativa tra Sisde e Brigate Rosse per la liberazione di Ciro Cirillo.
 
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