Green pass a mensa, gli esclusi in rivolta: «Noi, operai discriminati»

Green pass a mensa, gli esclusi in rivolta: «Noi, operai discriminati»
di Gennaro Di Biase
Martedì 31 Agosto 2021, 08:33
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L'atmosfera è tesa, tra gli operai di Napoli e provincia. E la tensione aumenta man mano che ci si avvicina all'orario di pranzo. La seconda estate dall'avvento del Covid è ormai alle porte, e quello di ieri è stato il primo lunedì in cui, con il lavoro quasi a pieno regime, è entrato in vigore l'obbligo di Green pass a mensa introdotto nelle settimane scorse da Palazzo Chigi. «La pausa, per noi, era un momento di relax. Ora è diventata un momento di discriminazione», sospirano i lavoratori. Le aziende fanno rispettare le regole del Governo, dunque. Ma verso mezzogiorno i dipendenti sprovvisti di certificato verde si avviano con lo sguardo basso verso i tendoni preparati dalla società. «Sono quasi tutti dentro, è triste», sospirano. Le nuove norme, entrate in vigore per proteggere le produzioni dal Covid, creano separazione e insofferenza. In proposito, sempre ieri, a Bacoli, gli operai vaccinati di uno stabilimento hanno pranzato all'esterno in segno di «solidarietà nei confronti dei colleghi che non possono entrare a mensa». Altro dato importante: «La maggior parte delle aziende del napoletano - spiegano dalla Uil - non ha ancora messo in piedi un sistema per garantire il pasto a chi è senza Green pass». I sindacati esigono chiarezza: «Senza una regolamentazione, all'orizzonte potrebbero esserci nuove proteste».

I tendoni in via Argine, nella sede di Hitachi, sono montati a ridosso dell'area di parcheggio. Tavoli da esterno, panchine di legno ordinate e pulite: tutto appena installato per far accomodare chi non ha il pass verde. Il colosso ex Ansaldo è stato tra i primi a studiare una soluzione per consentire la consumazione del pasto a tutti i suoi dipendenti. «Che dobbiamo fare? - sospira S., nella solitudine del suo tavolo - Prima era socialità. Adesso un momento di silenzio». I fermenti non mancano nelle fabbriche del napoletano, dove la scorsa settimana erano stati organizzati pic-nic di protesta. Né mancano nervosismi nel resto d'Italia: ha fatto il giro del Paese la foto dei dipendenti Ikea che, nel Piacentino, mangiano a terra. Nelle scorse ore, nel Trevigiano, gli operai della Elettrolux hanno occupato la mensa in segno di protesta. Da Alenia, nel Nolano, ieri F. ha apparecchiato il suo panino con prosciutto cotto sul tavolo da lavoro. «Ho lavorato con i miei colleghi fino a cinque minuti fa - confida a bocca piena - Adesso, spiegatemi perché loro sono in mensa e io no. Non critico l'azienda, che deve far rispettare le regole imposte da Roma, ma mi chiedo: che senso ha?». Proprio con l'idea di «ricucire lo strappo tra vaccinati e non», ieri i lavoratori della Leonardo Fusaro a Bacoli muniti di certificato hanno pranzato intorno ai tavoli distanziati del gazebo esterno disposto dall'azienda, al fianco dei colleghi senza Green pass. 

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Per ovvie ragioni, i lavoratori non si espongono con nomi e cognomi. Attive invece, sul fronte mense e Green pass, le organizzazioni sindacali. «Abbiamo qualche primo segnale non positivo - spiega Giovanni Sgambati, segretario generale della Uil Campania e Napoli - La maggior parte delle aziende non ha organizzato un modo per garantire pasti ai non vaccinati, e ci aspettiamo soluzioni a stretto giro in questo senso. Se non dovessero arrivare, sono probabili proteste. Il provvedimento sul Green pass deve essere accompagnato da un'applicazione legislativa chiara». «È una discriminazione - aggiunge Raffaele Antico, operaio Hitachi e Rsu della Usb - Diverse mense come la nostra sono state messe a norma dalle aziende, che hanno speso decine di migliaia di euro in plexiglass e lavori.

Ora il governo ha cambiato di colpo le carte in tavola, causando danni psicologici ai lavoratori e danni economici alle stesse società».

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