Green pass obbligatorio, gli industriali di Napoli: «La sicurezza prima di tutto»

Green pass
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di Emma Onorato
Mercoledì 13 Ottobre 2021, 20:36 - Ultimo agg. 14 Ottobre, 07:10
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È l’antivigilia del D-Day con Green pass obbligatorio sul luogo di lavoro che varrà sia per i lavoratori pubblici che privati. Sono circa 4 milioni i lavoratori italiani non vaccinati - un dato non ancora ufficiale ma solo dedotto da una stima - che dovranno ricorrere al tampone per poter ottenere il certificato verde. 

A Napoli invece secondo il vicepresidente di Confindustria Napoli, Costanzo Jannotti Pecci, il quadro sembra promettere uno scenario piuttosto sereno, anche se al momento non c'è una stima preliminare: «La mia sensazione è che almeno da questo punto di vista la città non abbia il primato negativo, credo che la questione riguardi più le altre aree del Paese. Di recente Napoli non è stata coinvolta in manifestazioni o iniziative di protesta come invece è accaduto a Roma e a Milano, in aggiunta a quelle che si preannunciano a Genova e Trieste. Quindi penso che la città e i cittadini, stiano dando una buona risposta in relazione all'importanza della vaccinazione».

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Ma in Italia non mancano i lavoratori che dovranno correre ai ripari, o meglio al tampone, per poter accedere nei luoghi di lavoro.

Il caso dell’ex Ilva a Taranto rappresenta un esempio per molte aziende: ha scelto di farsi carico del costo dei tamponi per i lavoratori non vaccinati. In questo caso Pecci assume una posizione piuttosto chiara: «Bisogna capire quali sono le ragioni che spingono una persona a non vaccinarsi. Anche in azienda abbiamo una dipendente con dei problemi e sembra essere sconsigliato il vaccino. In questo caso l'azienda si pone in un'ottica collaborativa dal punto di vista economico. Se invece il punto della questione è meramente legato a una presa di posizione, ritengo che sia ingiusto che l'azienda si debba caricare di costi che sono determinati da un atteggiamento oscurantista da parte di alcuni. Se poi ci sono aziende, come nel caso dell'Ilva, che decidono di farsi carico, è una scelta che definirei individuale che però Confindustria non sostiene».

Un ulteriore nodo sul tema dei tamponi a carico dell'azienda - stavolta non di tipo ideologico - riguarda invece la gestione dei costi che dovrebbe fronteggiare un'impresa e il vicepresidente di Confindustria Napoli dichiara: «Mi chiedo come fa un'azienda a farsi scaricare il costo dei tamponi fatti eseguire da terzi, per scelta di terzi, e non per scelta dell'azienda. Quindi c'è anche questo profilo da considerare. Finché l'impegno si limita a piccoli numeri forse incide il giusto, ma potrebbe diventare una modalità diffusa con dei costi che non si capisce perché dovrebbero essere sostenuti dall'azienda».

Per quanto riguarda il tema dei controlli a campione del Green pass sul luogo di lavoro, Confindustria si è espressa sfavorevole e Pecci aggiunge: «È un'operazione di una tale semplicità e rapidità che non si comprende perché debbano essere fatti a campione e non a tappeto. Quindi io sono assolutamente convinto che debbano essere fatti dei controlli serrati, non parlo soltanto delle attività dell'industria turistica, ma mi riferisco a tutto il mondo del commercio, ovvero quelle attività che richiedono un contatto diretto e frequente con persone esterne che non fanno parte del personale dipendente. Il controllo deve essere puntale, continuo e costante, è l'unico modo per garantire che questa pandemia non riparta», conclude.

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