Lavoro nero, 43 operai segregati in azienda nel Napoletano: «Saranno regolarizzati tutti»

Lavoro nero, 43 operai segregati in azienda nel Napoletano: «Saranno regolarizzati tutti»
Domenica 17 Novembre 2019, 14:00 - Ultimo agg. 18 Novembre, 11:21
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«Saranno regolarizzati i lavoratori in nero che, già da domani, inizieranno le visite sanitarie». Lo rende noto all'Ansa l'avvocato Rosario Pagliuca, difensore dell'imprenditore Vincenzo Capezzuto, legale rappresentante della Moreno srl di Melito di Napoli, accusato, tra l'altro, di sequestro di persona.

Chiusi per alcune ore in un locale della sua azienda i militari hanno trovato 43 operai impiegati «in nero»; altri 14 erano stati individuati poco prima durante l'ispezione. L'avvocato fa sapere che «è in corso la verifica del numero di operai, oltre ai tre già individuati, appartenenti a nuclei familiari nei quali vi sono percettori di reddito di cittadinanza, circostanza che li ha incentivati a non farsi assumere regolarmente per il timore di perdere il beneficio».

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Quanto alle responsabilità in ordine alle ragioni che hanno indotto Capezzuto a impiegare lavoratori in nero, esse vanno ricercate nel fatto che il settore manifatturiero napoletano «è ormai la nuova Cina per la committenza». «La Moreno srl produce per conto terzi prodotti di pelletteria griffati su espressa autorizzazione dei committenti e non capi contraffatti» precisa l'avvocato Pagliuca. «Inoltre - spiega - si è parlato di un sequestro di persone in relazione ai 43 lavoratori a nero nascosti all'interno di un locale mentre in realtà sono stati i lavoratori che, di propria iniziativa e spontaneamente, si sono rifugiati nell'unico ambiente dove credevano di non poter essere trovati dai carabinieri che avevano circondato l'edificio. Nessuno dei lavoratori in nero è stato costretto dal signor Capezzuto a rinchiudersi nel locale, contrariamente a quanto riferito. Il locale era munito di impianto di illuminazione funzionante, di un telefono fisso collegato sia alla rete esterna che intercomunicante. Quasi tutti i lavoratori erano muniti di smartphone e nessuno ha chiesto aiuto, come è emerso dalle indagini difensive».
 


L'avvocato Pagliuca riferisce infatti di avere acquisito in copia «le schermate della cronologia dei messaggi inviati e ricevuti dai lavoratori nascosti nel locale dai quali si evince lo stato di assoluta tranquillità nel quale gli stessi si trovavano nonché la possibilità di comunicare liberamente. Alcuni dei lavoratori, infatti, erano in costante contatto con i colleghi regolarmente inquadrati - evidenzia il legale - per sapere a che punto era l'ispezione, a dimostrazione del fatto che non erano stati costretti da chicchessia a trovare rifugio nel locale».

«È stato riferito - aggiunge il legale - che c'era una donna in evidente avanzato stato di gravidanza e due minorenni: in realtà l'unica persona incinta che si trovava nel locale era alla quarta settimana di gravidanza e nessuno sapeva delle sue condizioni. Aveva contratto matrimonio nel settembre nel 2019 e il suo stato interessante era noto solo a una collega che era con lei. I minori di 18 anni, anche se in nero, avevano entrambi compiuto l'età per essere avviati al lavoro, come previsto dalla legge sull'apprendistato.
Inoltre, contrariamente a quanto affermato, la permanenza dei lavoratori in nero nel locale è stata di tre ore e non sei. L'ambiente nel quale si trovavano aveva una estensione di circa 100 metri quadrati quindi abbastanza capiente per ospitare il numero di lavoratori che vi erano presenti. Pertanto non si trattava di un locale ripostiglio. Nei prossimi giorni porteremo all'attenzione del Tribunale del Riesame di Napoli i risultati delle indagini difensive che sono ancora in corso», conclude il difensore dell'imprenditore

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