Guerriglia a Napoli, ecco chi sono i nove indagati: ultrà, imprenditori e presunti camorristi

Guerriglia a Napoli, ecco chi sono i nove indagati: ultrà, imprenditori e presunti camorristi
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 18 Novembre 2020, 11:00
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C'è il figlio di imprenditori che lascia la sua auto di lusso, per buttarsi nella mischia, contro le forze dell'ordine. Poi due titolari di bar cittadini, ritenuti responsabili di azioni violente contro le forze dell'ordine, per impedire la serrata delle proprie attività. E non è finita. Tante anime, quella notte: esponenti del clan Misso (camorra del rione Sanità) che fanno scudo con i propri scooter al corteo, dando il via alle sassaiole dalle retrovie; poi alcuni esponenti del gruppo di ultrà Brigata Carolina (curva A), immortalati in azioni di guerriglia, mentre ad essere coinvolti nel blitz di ieri (anche se non indagati) due esponenti di Forza nuova, gruppo di estrema destra il cui ideologo Roberto Fiore (non indagato) aveva postato poco prima del corteo un twitter per ricordare la sua vicinanza «al popolo napoletano», contro la «dittatura sanitaria» a colpi di lockdown. Scontri in via Santa Lucia, perquisizioni, ci sono i primi indagati. Guerriglia del 23 ottobre, devastazione e saccheggio, aggravati dalla matrice camorristica e dalla finalità terroristica eversiva. Chiara la ricostruzione della Procura: per protestare contro il lockdown (dato per imminente), venne organizzato un corteo alle 22 (orario d'inizio del coprifuoco), con partenza da Largo San Giovanni Maggiore a Pignatelli, alla testa del quale nel giro di pochi minuti si posero gruppi di facinorosi. Commercianti e lavoratori lasciarono il passo ai teppisti. Guerriglia fino alle due del mattino. Inchiesta coordinata dal procuratore Gianni Melillo, dai pm Antonello Ardituro, Celeste Carrano, Luciano D'Angelo, Danilo De Simone, ecco i motivi del blitz: «Attività utile e necessaria per acquisire elementi informativi in ordine alla rete di soggetti che si sono resi protagonisti dei fatti di devastazione oggetto di indagine, e in ordine alla regìa che ha orientato questi scontri, attesa la presenza di persone riconducibili alternativamente o cumulativamente, ad ambienti della criminalità organizzata, degli ultras, dell'eversione, dell'imprenditoria e della criminalità comune». 

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Ma ecco le posizioni emerse dal decreto di perquisizione: Paolo Ciancio, per «aver spostato un cassonetto della differenziata assistito da altri facinorosi, per posizionarlo in modo adeguato a creare una barricata, impugnando un bastone»; Cristofer Orlandi Flores Mosquea, che avrebbe lanciato una «grossa lastra di vetro contro le forze dell'ordine»; Daniele Esposito, indagato per «aver assestato due pugni contro gli scudi dello schieramento dei carabinieri»; Salvatore Villone, per «aver scagliato una pietra con violenza, un sanpietrino, contro un agente di polizia scientifica»; Davide De Vita, per «aver sradicato dalla pavimentazione stradale un cestino di metallo per rifiuti»; Vittorio Ammaturo, che - secondo le accuse - «si sfila la cintura, a torso nudo»; Armando Viglietti, precedenti per reati da stadio, gruppo Brigata Carolina e del movimento disoccupati sette novembre, per «aver lanciato oggetti contundenti»; Marco Ferrante, in passato ritenuto vicino al clan Misso, indicato «tra quei soggetti che nei momenti più duri della contestazione si sono messi alla testa del corteo»; Federico Di Giacomo, che «impartisce ordini ai manifestanti violenti, accompagnandoli con ampi gesti delle braccia, sposta cassonetti della spazzatura per rinforzare le barricate e fornisce indicazioni sui tempi del lancio delle pietre».

Tutti gli indagati sono considerati non colpevoli fino a prova contraria e avranno modo di replicare alle accuse.

Perquisiti, ma non indagati, Salvatore Pacella e Angelo Simula, presenti il 25 ottobre alla manifestazione (pacifica) al Vomero, forti dell'investitura di Roberto Fiore contro la «dittatura sanitaria, accanto al popolo napoletano».

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