Il mistero dell'opera d'arte a Santa Lucia. Dopo i violenti scontri di ottobre 2020, e dopo dodici mesi più che difficili per la bretella-crocevia di Chiaia che collega il Plebiscito al lungomare, spunta un adesivo su un cartello stradale a pochi passi dalla sede della Regione che fu appunto il teatro della guerriglia urbana più significativa in Italia nell'anno della pandemia. Lo sfondo è quello biancorosso di un divieto d'accesso, su cui si vede un agente - baffi larghi e divisa bianca - stringere nel pugno destro un manganello nero. A pochi centimetri dall'agente c'è un omino nero disteso, presumibilmente appena randellato, con il corpo aggrappato al lato inferiore del rettangolo bianco. In zona si è aperto il mistero sull'autore dell'opera provocatoria: tanti sono certi del fatto che potrebbe trattarsi «della mano di Clet Abraham», celebre artista francese.
Lo stile del cartello di Santa Lucia combacia con quello di Abraham, che utilizza linee e frecce di divieti e obblighi per costruire set e metafore delle sue opere.
Santa Lucia messa a ferro e fuoco, Santa Lucia svuotata dei turisti e dei dipendenti degli uffici che animavano la strada nel pre-Covid, Santa Lucia riempita di auto e circolazione veicolare in tilt dopo il crollo della Galleria Vittoria (che condensa il traffico qui e su via Chiatamone). Il mistero dell'opera d'arte del divieto d'accesso testimonia ancora una volta che Santa Lucia è la strada-metafora dell'anno pandemico napoletano. Non a caso, l'adesivo sul divieto d'accesso non è la prima installazione provocatoria allestita in zona. Quattro giorni dopo gli scontri e l'assedio di Palazzo Santa Lucia, Marco Varriale, titolare del ristorante Borgo Antico, fabbricò di suo pugno una bara e la espose di fianco all'insegna del suo locale: «Certo, questa strada è stata particolarmente gravata da quest'anno di pandemia, per gli scontri che ci sono stati e anche perché la via, con gli uffici in smart-working e senza turismo, è moribonda da un punto di vista dell'indotto. È per questo motivo che all'esterno del mio ristorante il 27 ottobre 2020 avevo costruito una bara: per simboleggiare la mortificazione dei pubblici esercizi. Quanto all'adesivo del poliziotto e del manifestante, non abbiamo avvistato nessuno, ma le voci si rincorrono in queste ore. Tanti dicono che possa trattarsi di Abraham». Rabbia, paura, di nuovo rabbia, poi solitudine e traffico: questa la parabola vissuta negli ultimi 12 mesi in una delle vie più prestigiose della città. «Un anno pessimo che non è ancora nemmeno finito - commenta Rosario Dixon, titolare del Bar Santa Lucia - Tutto quello che faceva vivere e sopravvivere questa strada non esiste più, specialmente perché bar e ristoranti costituiscono la maggior parte delle attività commerciali presenti. Mi dissocio completamente dalle violenze del 23 ottobre: quella notte ho avuto paura per il mio locale, temevo che l'avessero distrutto. La mattina seguente trovai diversi lacrimogeni vicino alla saracinesca. Però, certo, le restrizioni hanno pesato sulle nostre vite. Qui a Santa Lucia il Covid lo abbiamo patito un po' più forte».