I temi dei ragazzi detenuti a Nisida: «È giusto togliere i figli ai boss»

I temi dei ragazzi detenuti a Nisida: «È giusto togliere i figli ai boss»
di Daniela De Crescenzo
Martedì 18 Settembre 2018, 08:37 - Ultimo agg. 09:36
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«Meglio soffrire io che mio figlio»: a sorpresa, interrogati sulla possibilità di allontanare i figli dai boss i ragazzi dell’istituto penale di Nisida si dichiarano in gran maggioranza favorevoli a un provvedimento estremo. Lo ha spiegato Maria Franco, insegnante dei giovani detenuti, in un lungo post del suo blog, Conchigliette, riprendendo un dibattito di cui è stata protagonista sul giornale calabrese Zoomsud intorno alla scelta del Tribunale dei minori di Reggio Calabria di sottrarre i figli agli n’dranghetisti nei casi in cui la decisione rappresenti l’extrema ratio. Un’idea rilanciata recentemente dal Csm, il Consiglio superiore della magistratura che ha voluto tenere a Napoli una seduta monotematica dedicata proprio ai giovani a rischio. 
Dice la professoressa: «Ho portato in classe alcuni commenti a un fatto di cronaca: le intercettazioni che mostravano alcuni bambini e ragazzini al lavoro nel commercio di droga di un clan. Alcuni di questi commenti richiamavano alla necessità di prolungare l’orario scolastico e di promuovere interventi sociali nei quartieri più a rischio. Ho chiesto ai ragazzi e alle ragazze se questi tentativi avrebbero potuto produrre il risultato di sottrarre ad un futuro illegale quei ragazzi e la risposta, unanime, è stata: no. Né più scuola, né più sport, né più teatro, né più verde possono bastare, mi hanno risposto. 

E allora? – ho chiesto io - L’unica è mandarli lontano da qui, ma da piccoli piccoli». Piccoli piccoli, prima che la loro vita possa essere rovinata. Piccoli piccoli, cioè in tempo per imparare a muoversi in un mondo diverso da quello dei propri genitori. Un mondo normale. L’insegnante allora ha chiesto ai ragazzi di rispondere per iscritto a tre domande: che cosa pensate della scelta dei magistrati reggini? Con questa scelta, i ragazzi cresceranno meglio? Come reagireste voi se qualcuno volesse allontanarvi dalle vostre famiglie? «Alla prima domanda, tutti hanno risposto che la scelta è giusta – spiega Maria Franco - Risposta confermata dalla seconda, in cui hanno sostenuto che certamente i ragazzi avranno una vita migliore».

Tutto cambia con la terza domanda, più personale. «Molti hanno sostenuto l’allontanamento dai genitori e soprattutto dalla madre è ipotesi da non fare neppure per scherzo, farebbero il diavolo a quattro e non l’accetterebbero mai. Ma qualcuno ha detto che, se i genitori decidessero così, allora se ne andrebbero sereni, convinti che sarebbe la scelta giusta per il loro futuro e qualche altro ha detto che avrebbe certo sofferto molto, ma si sarebbe abituato e avrebbe finito col vivere meglio. E più d’uno, guardandosi non come figlio bensì come padre, ha detto che, con la morte nel cuore, sarebbe disponibile a lasciare andare via suo figlio, proprio per evitare che i suoi errori potessero ricadergli addosso». «Meglio soffrire io che mio figlio». A condizione che «lui mi vorrà sempre bene e mai mi odierà».

In aula, quindi, si verifica un’incredibile rovesciamento di fronte. Aggiunge l’insegnante: «Ho non pochi dubbi, che l’allontanamento dalle loro famiglie dei figli di ‘ndranghetisti, mafiosi e camorristi, possa essere una scelta di carattere generale, ovvero non limitata a casi specifichi». Ma gli allievi sono sul fronte opposto. Uno spiega che lontano da casa «sicuramente avremmo una vita migliore, potremmo cambiare strada e avverare i desideri perché non costretti a seguire le orme dei padri». E i boss? Rinunciando ai figli fanno una buona scelta perché così assicureranno loro un’esistenza normale. 

Cambiare restando nel proprio ambiente, sostengono tutti, è praticamente impossibile perché «Se frequenti compagnie sbagliate prima o poi sbagli anche tu». Non solo. «Se cresci con un padre in carcere porti rancore e alla fine magari fai cose simili alle sue». Un altro entra nel dettaglio e scrive: «Il dottor Di Bella ha fatto la scelta migliore perché ha regalato una nuova vita a quei ragazzi». Una nuova vita perché scrive un altro: «Nella nostra o si muore o si va in carcere». Sì, perché in questo maledetto Paese c’è chi ha diciotto anni e nessun futuro davanti: lo sa, lo scrive, ma nulla cambia.
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