Napoli, le notti folli dei baby criminali: «Noi, senza lavoro né obiettivi»

Napoli, le notti folli dei baby criminali: «Noi, senza lavoro né obiettivi»
di Daniela De Crescenzo
Lunedì 19 Marzo 2018, 10:16
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«Certe notti. Certe notti, quando hai sedici anni, e non vai a scuola, e non lavori, e non ti devi alzare la mattina, e non sei niente, e non sei nessuno, certe notti non finiscono mai. L'ultimo bar è chiuso, a casa papà è ubriaco, o non c'è, sta in galera, e mamma piange piano e tu là non ci vuoi tornare, non ci puoi tornare»: le nottate nelle strade del branco le racconta Nunzio, che ne ha consumate tante prima di finire ai domiciliari. Lui spiega che in una notte così, se nessuno ti ha regalato la normalità, se non conosci le regole, magari afferri le gambe di un tavolo abbandonato nella spazzatura per giocare a un gioco antico, lo chiamavano «Mazza e pivezo» prima che gli americani lo trasformassero in baseball, e lo cambi in un gioco mortale nel buio infinito della giungla di periferia. La mazza, nel gioco, dovrebbe colpire la palla. Ma così è troppo facile, innocente e banale. «E tu sei cattivo, il più cattivo. L'innocenza l'hai persa per la strada», spiega Nunzio. E allora non bersagli la palla, ma la testa di un uomo e la sfondi, la maciulli, così ti fai un nome e ti prendi pure la pistola, che non si può mai sapere, magari la rivendi e ti fai un po' di euro da portarti lontano, o qualcuno che conta viene a sapere quello che hai fatto e ti prende a sparare con lui.

E paradossalmente il racconto di Nunzio coincide perfettamente con quello dell'esperto. Nicola Laieta è un maestro di strada che per il progetto Chance cura i laboratori teatrali e di ragazzi a rischio ne conosce tanti: «Molti di loro sanno che se non si risolve qualcosa dovranno partire, andare a lavorare lontano, e vivono l'adolescenza come un periodo intollerabile. Oggi già con grandi risorse familiari e culturali è difficile coltivare un progetto. Chi ha genitori che non rappresentano un futuro vive un malessere ancora maggiore. E allora è meglio vivere alla giornata senza farsi domande. Pensiamo a Il signore delle mosche: ci sono dei bambini che scoprono la morte dei genitori per una guerra atomica e si ritrovano in una isola deserta. Tra di loro crescono i cacciatori che si inventano un mostro e questo li autorizza a scatenare la battaglia. L'educazione è un processo che insegna a padroneggiare la violenza, se i genitori non rappresentano la sicurezza pensi di essere su di un'isola deserta dove devi guadagnarti la vita con tutti i mezzi. Se i giovani non hanno riferimenti né familiari né sociali si abbandonano lasciando perdere ogni freno e ogni controllo. Chi comanda in un gruppo di pari? Il più cattivo, il più pazzo».

 

E poi Laieta osserva: «Nella storia di Piscinola mi ha colpito che uno dei ragazzi avesse già il biglietto per andare in Germania: io penso che dietro la violenza che è riuscito a scatenare ci fosse anche la paura di un mondo nuovo e sconosciuto». Adesso quel biglietto che K.A. non potrà usare servirà al fratello gemello che per ora vive barricato in casa, ha paura perfino di affrontare i vicini: «Si sente minacciato», hanno raccontato i familiari all'avvocato difensore Antonella Franzese. Qualcuno partirà, molti altri resteranno nel ghetto. «Se non sai dove sbattere la testa, a casa ci puoi tornare perché non vuoi vedere quel maledetto biglietto di sola andata che ti aspetta sul comodino - racconta Nunzio - parti che impari un mestiere ti hanno detto. E là dove devi andare ci sono già amici e amici degli amici, i soli del rione che si sono salvati. Guadagnano bene, ti hanno ripetuto. Ma tu le hai viste le foto su Facebook, le hai viste le stanze ammuffite, e i palazzi, e quello schifo di ristoranti dove faticano per una manciata di euro. Li hai sentiti in diretta che raccontano di quanto è bello dove stanno loro con gli occhi lucidi e le spalle afflosciate. E hai paura, perché non vuoi lasciare la tua ragazza che ogni tanto ti riscalda il cuore, non vuoi lasciare le strade dove sei nato, le uniche che conosci. E allora, che duri per sempre questa notte, che sia infinita, che sia piena di droga e di avventura. Certe notti sono l'ultima notte».
Un'allucinazione. O forse una notte come tante, solo un po' più sfortunata. Per te e per chi a volte ci lascia la pelle. Uno che non avevi mai visto, uno che ha moglie e figlie e che domani non tornerà a casa. Lui, che diversamente da te, non aspettava altro che mettere le chiavi nella serratura e salutare la moglie, e le nipotine. Uno che una vita normale se la fatica. Ma tu non lo sai. E non te ne frega nemmeno. Tu vuoi la tua notte. E il tuo spinello taroccato con la super marjuana. Tanto la mattina non ti devi svegliare. E a Piscinola, a Secondigliano, a Barra, a Ponticelli, a Forcella, alla Sanità, come te ce ne sono tanti. Ragazzi di cui adesso tutti hanno paura. Carnefici o vittime, tutti insieme, tutti senza speranza. Tutti a bruciare notti senza senso. E chi se ne frega se perfino a sedici anni c'è chi ci lascia la vita, come è capitato a Genny Cesarano, che aveva lasciato il pub e la fidanzata e trascinava la notte a piazza Sanità quando gli hanno sparato. Le quattro del mattino erano. E lui era là senza far nulla di male, ma facile bersaglio di chi il male lo stava organizzando.
«Si passano le ore in mezzo alla via perché la mattina non si hanno impegni né obblighi. Senza nessuno che ti cresce puoi fare quello che vuoi - incalza Nunzio - Non ci sono orari, non c'è pranzo e non c'è cena, ognuno mangia quello che trova e dove lo trova. Di giorno non li vedi nemmeno a mamma e babbo, ma conosci la strada e vedi la droga, e le pistole e il denaro. E vuoi pure tu tutta quella roba». La nostra guida nelle notti dei dannati, ormai ha venti anni, ne conosce tanti di ragazzini che si stanno avviando sul percorso che porta al carcere. Lo stesso che lui ha imboccato e che vorrebbe cambiare. «Perché ho due figlie e me le devo guardare», spiega. Ma sa già che fermare quelli come lui è difficile, difficilissimo. «Sasà è mio amico - dice - ed è dei Quartieri Spagnoli. Passa la nottata tra bar e sala giochi spendendo anche cento, duecento euro in poche ore». E chi glieli dà tutti questi soldi? «Se li procura». Perché, spiega Nunzio: «Quando devono procurarsi i soldi quelli come noi diventano cani randagi e sono pronti a tutto: a rubare e a spacciare. Eppure, spiega Nunzio, il male non è mai programmato. Se si ferisce, se si uccide, è per caso, non per cattiveria». O almeno così la pensano i ragazzi perduti.
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