Il Financial Times celebra «’O sole mio»: melodia napoletana tra jingle pubblicitari e il mito di Elvis

Il volto di Elvis Presley affiancato dallo spartito di 'O sole mio
Il volto di Elvis Presley affiancato dallo spartito di 'O sole mio
di Gennaro Morra
Giovedì 13 Aprile 2017, 10:24 - Ultimo agg. 10:25
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Il 16 agosto del 1977 moriva Elvis Presley, icona indiscussa del rock. Paradossalmente, però, il suo maggior successo ha ben poco a che fare con “la musica del diavolo”. Infatti, quella “It’s now or never”, che vendette dieci milioni di copie, altro non è che la versione inglese di “’O sole mio”. Ma, come evidenzia il Financial Times in un articolo apparso in questi giorni sul suo sito, quella è solo una delle tante versioni della canzone napoletana più cantata nel mondo.
 
La storia inizia nel 1898, quando il musicista Eduardo Di Capua mette in musica i versi scritti dal giornalista Giovanni Capurro. Presentato a qualche festival, il brano non riscuote grosso successo e per quasi vent’anni viene ignorato dagli addetti ai lavori. Fino a quando, nel 1916, Enrico Caruso decide di registrarne una sua versione: un 78 giri che l’etichetta Victor dovrà ristampare più di 90 volte. Da lì in poi in Italia non si contano gli interpreti che si sono cimentati con quello che ormai è diventato un classico della nostra musica.
 
Negli Stati Uniti la canzone arriva un anno prima che Caruso decidesse di inciderla. È il 1915 quando un altro tenore, Charles W Harrison, la canta per la prima volta in inglese. A quel punto “’O sole mio” diventa famosa in tutto il mondo, tanto che alle Olimpiadi di Anversa del 1920, durante una cerimonia di premiazione, la banda, che ha smarrito lo spartito di “Fratelli d’Italia”, decide di suonarla in sostituzione dell’inno italiano, poiché tutti i suoi membri la conoscono a memoria.
 
Il lungo racconto del giornale britannico sulla storia del celebre brano continua, riportando i fatti accaduti dalla metà del 900 in poi. Nel 1950 “’O sole mio” fa il suo ingresso nel mondo della musica leggera. Tony Martin, attore e cantante crooner americano, ne registra una versione in inglese dal titolo “There’s no tomorrow”. Nove anni più tardi, mentre è in Germania, arruolato nell’esercito di zio Sam, Elvis Presley l’ascolta e ne resta folgorato, tanto da chiedere alla sua etichetta discografica di far scrivere un nuovo testo su quella melodia. La nuova canzone s’intitola “It’s now or never” e la leggenda del rock la incide nel 1960: diverrà il suo brano più venduto.
 
Nel 1972 per “’O sole mio” arriva anche la versione reggae proposta da Jimmy London, mentre il cantante country, John Schneider, nel 1981 la sceglie per il suo debutto discografico. Un anno prima, invece, la sua interpretazione fa vincere un Grammy Award a Luciano Pavarotti, mentre nel Regno Unito viene scelta da un’industria di gelati per uno spot pubblicitario: “Just one Cornetto, give it to me” recita il testo del jingle. Diversi anni più tardi un coro da stadio lo trasforma in “Just one Capello, give him to me, delicious manager from Italy”, dedicato all’allora ct dell’Inghilterra, Fabio Capello. Era il 2008, ma tre anni prima ancora i sudditi di Sua Maestà l’avevano riscoperta nella versione di Elvis, facendola schizzare in vetta alle classifiche. Insomma, vista la longevità del successo di questa canzone, conclude il Financial Times, sarebbe stato più corretto se Presley avesse intitolato la sua versione “It’s now and forever”. Come a dire che, nonostante i suoi 119 anni di vita, “’O sole mio” resta una canzone attuale, “ora e per sempre”.
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