Alessandro Giuliano questore di Napoli: «Armi, i controlli ci sono ma i genitori ci aiutino»

Alessandro Giuliano questore di Napoli: «Armi, i controlli ci sono ma i genitori ci aiutino»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 1 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo agg. 18:45
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Non basta (e forse non servirebbe neanche) «militarizzare il territorio». Contro la violenza di questi giorni, c’è una sola strada da percorrere, quella più difficile ma anche più naturale: l’attenzione verso i propri figli, la costruzione di modelli positivi da trasmettere alle nuove generazioni: «Insomma, più scuola e più famiglia». Ne è convinto il questore Alessandro Giuliano, da sempre determinato a guardare il fenomeno violenza a Napoli al di là dei numeri e dello strepito mediatico, per confrontarsi con tutte le criticità dell’antica capitale del Mezzogiorno. 

 

In pochi giorni diversi episodi di violenza al centro e in periferia, tanto che il sindaco Manfredi è pronto a chiedere più uomini in divisa sul territorio: al netto delle indagini, che faranno il loro corso, perché c’è la tendenza a ricorrere alla violenza in modo così smodato? 
«Premesso che su tutti i fatti gravi è sempre giunta una puntuale risposta delle Procure e degli organi di polizia giudiziaria, che fanno un grande lavoro, purtroppo la sua domanda esorbita il piano della repressione penale; tra questi giovani c’è rabbia, marginalità, senso di rivalsa, mancanza di prospettive, carenza di luoghi di aggregazione, povertà educativa, cattivi esempi: tutte cose che favoriscono la violenza.

Sarebbe illusorio immaginare soluzioni solo in termini di ordine pubblico, che pure è ovviamente un aspetto importante».

Armi in città. È un allarme che trova conferma nei numeri dei sequestri messi a segno dalle forze dell’ordine. Da dove arriva tanta disponibilità di armi? 
«È la legge ineludibile della domanda e dell’offerta: ovunque ci sia qualcuno che vuole comprare qualcosa, ci sarà qualcun altro che la vende. Il problema dunque, al di là delle operazioni di polizia che lei ha ricordato e fermo restando che faremo sempre più del nostro meglio, sta soprattutto nel fatto che questi ragazzi vogliono essere armati, anche solo di un coltello, e qui torniamo con forza alla sua domanda precedente».

Emergenza giovani, minori protagonisti di fatti di cronaca, come arrestare il trend di reati consumati dagli under 18? 
«Pensi che domenica scorsa il commissariato di Portici-Ercolano ha controllato due ragazzini di 14 e 16 anni, ognuno dei quali aveva un coltello lungo 20 centimetri. Per casi come questo, la legge prevede una denuncia a piede libero e l’affidamento ai genitori i quali, mi permetta un eufemismo, non sempre costituiscono un esempio fulgido per i loro figli. Come vede i controlli ci sono, possiamo farne di più certo, ma la risposta alla sua domanda non sta soltanto nell’attività di Polizia, pur indispensabile: ritengo si debba anche intervenire di più nelle famiglie, se necessario anche in modo incisivo. Alcuni Comuni del territorio hanno servizi sociali pieni di buona volontà, ma largamente insufficienti».

A giugno chiudono le scuole, ha una proposta come alternativa alla strada?
«A Napoli ci sono, per fortuna, tante associazioni che fanno degli sforzi sovrumani, al limite dell’eroismo, e non di rado in solitudine, per tenere i ragazzi lontano dalla strada; la Questura di Napoli è da sempre vicina, in modo concreto, a queste realtà riconoscendone la vitale importanza, e contribuisce anche attivamente con le Fiamme Oro che allenano tanti giovani a judo e alla boxe. Ma credo che anche le istituzioni debbano strutturalmente offrire più alternative, non lasciando questo immenso lavoro solo sulle spalle del terzo settore».

Forcella, l’appello del ristoratore marito della donna investito è caduto nel vuoto. Pochi i commercianti scesi in piazza accanto al titolare di Cala la pasta. È un brutto segnale, non trova? 
«Sì ha ragione; in alcune parti della popolazione è presente una sorta di rassegnazione che considero estremamente perniciosa, perché è la migliore alleata a che le cose non cambino. Ma per contrastarla tutte le istituzioni, a cominciare da quella che rappresento, devono essere credibili e compatte, devono costituire un punto di riferimento e saper dare delle risposte».

Sempre a Forcella, almeno mille ragazzi hanno manifestato la scorsa settimana per chiedere allo Stato condizioni per non lasciare Napoli e il Sud. Qual è la risposta da dare a questi giovani? 
«La risposta è lavoro (non in nero, ma regolare e pagato dignitosamente), opportunità formative, luoghi di aggregazione, servizi. Se questo accade dentro il carcere di Nisida, dove viene fatto un lavoro straordinario insegnando un mestiere a tanti giovani detenuti, non si vede perché non debba avvenire anche fuori. Ma, ancora una volta, questo è molto più difficile in contesti familiari degradati e non adeguatamente monitorati, in cui certi genitori non hanno voglia di svegliarsi la mattina per portare i loro figli a scuola. Spiace dirlo, è terribile, ma succede anche questo e non va sottaciuto, altrimenti i problemi non vengono affrontati nella loro globalità e si continua a parlare solo di ordine pubblico».

Camorra: secondo il sondaggio del Mattino, a scuola si parla poco o nulla di mafia. Il settanta per cento degli studenti (su 10mila) confermano quanto il procuratore Melillo dice da tempo. Perché si parla poco di un fenomeno tanto radicato a Napoli? 
«Sono pienamente d’accordo e nel mio piccolo l’ho sempre detto anch’io: a Napoli si parla poco di camorra e si tende a concentrare ogni narrazione sulla criminalità di strada, che non è certo da sottovalutare sia chiaro, ma che è cosa ben diversa da un fenomeno che davvero vampirizza questa terra rendendola più povera. Eppure parliamo di un luogo straordinario con delle potenzialità immense anche dal punto di vista imprenditoriale».

Sempre secondo il sondaggio che oggi verrà presentato in Consiglio regionale, Cutolo è più conosciuto di don Diana. Qual è il suo commento? 
«C’è un grave deficit educativo in alcuni strati della nostra popolazione giovane, non sono certo il primo a dirlo, ma dobbiamo chiederci tutti se facciamo abbastanza perché un bandito smetta di essere elevato a modello per i nostri ragazzi. Non possiamo dare tutta la colpa alle fiction e ai vari social, controlliamo prima se noi, come genitori, monitoriamo davvero i nostri figli, se parliamo con loro o se li lasciamo per intere giornate con lo smartphone o per strada».

Cosa manca a Napoli per essere una capitale europea?
«Nulla. Lo è già. Ma ha dei grandi problemi, il primo dei quali la camorra, che vanno rimossi perché sia ancora più straordinaria». 

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