«Così i clan in lotta a Napoli
cercano la rivincita»

«Così i clan in lotta a Napoli cercano la rivincita»
di Giuseppe Crimaldi
Domenica 5 Novembre 2017, 16:50
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«Hanno i nervi a fior di pelle i camorristi. Alla Sanità, l'altra notte, è andato in scena il copione tipico dei clan napoletani. Hanno tentato di prendere due piccioni con una fava: sparando sui negozi volevano intimidire gli avversari e i commercianti». Dopo quindici anni Tano Grasso torna a essere il presidente della Federazione italiana antiracket. Un ritorno alle origini. Da Capo d'Orlando, in Sicilia, a Napoli, città che non ha mai lasciato e sulla quale ha lavorato per ormai un ventennio. Grasso è uno dei massimi esperti in materia di racket.

Che cosa sta succedendo al Rione Sanità? Come vanno interpretati quegli spari contro le saracinesche di due esercizi commerciali?
«Nella logica perversa i criminali entrati in azione alla Sanità hanno cercato di cogliere due piccioni con una fava. Provo a ragionare, al di là delle risultanze investigative che pure sembrano chiaramente puntare alla pista del racket. Sia che si tratti di una stesa, sia che di un raid mirato ad obiettivi ben precisi, chi preme il grilletto punta ad ottenere due obiettivi. Il primo è quello di indebolire gli avversari, i clan nemici presenti in zona, dimostrando una prova muscolare; il secondo è ancora più diretto: si vogliono intimidire gli operatori economici attraverso il messaggio noto: paga o ti rovino».
Eppure da mesi alla Sanità non si registravano più simili fatti. Qualcosa è cambiato, nonostante l'impegno delle forze dell'ordine che presidiano il territorio?
«Quando dico due piccioni con una fava voglio intendere anche che una zona come la Sanità resta purtroppo uno dei terreni-cardine sul quale a Napoli si afferma la supremazia camorristica. Qui vince il più prepotente, colui che primeggia nell'intimidazione: e così, sottrarre un commerciante che pagava il pizzo al clan avversario sottomettendolo al proprio gruppo criminale diventa per i camorristi un enorme successo perché chi esce sconfitto dalla partita perde non solo i soldi ma, soprattutto, il controllo del territorio».
Che cosa sta succedendo alla Sanità?
«Nervi tesi tra i camorristi. C'è uno scontro tra due clan rivali, e la posta in gioco resta il grande piatto delle estorsioni, insieme allo spaccio di droga. Ma, torno a ripeterlo, il racket è uno strumento utile alle cosche perché garantisce il marcamento del territorio. Al di là di questo, io credo che quanto sia accaduto l'altra notte non sia del tutto casuale...».
In che senso?
«Partiamo dal raid armato. Una chiarissima intimidazione rivolta ai negozianti. Non è casuale che accada oggi, perche in queste settimane alla Sanità nel muro dell'omertà diffusa degli ultimi anni si è aperta una breccia. I commercianti hanno iniziato a uscire alo scoperto, denunciano. Da alcuni mesi, anche grazie al presidente della Municipalità Ivo Poggiani, ai sacerdoti del quartiere e al giornalista Sandro Ruotolo - che si sta impegnando in prima persona per il riscatto del quartiere - sta per nascere una nuova associazione antiracket della Fai. Si è finalmente aperto un percorso nuovo che punta a realizzare i risultati raggiunti dove appariva inimmaginabile combattere la camorra. Penso al modello Ercolano, dove si sono ottenuti risultati straordinari».
Avete già raccolto adesioni?
«Alla Sanità ci sono già tanti imprenditori che stanno aderendo al progetto. Ed ecco perché proprio in questo momento arriva qualcuno che vuole interrompere questo percorso. I camorristi stanno capendo che anche qui il clima è cambiato. Insieme si vince: anche perché a Napoli possiamo contare sul fondamentale appoggio di investigatori e di forze dell'ordine di primissimo livello».
Perché è importante denunciare? Se dovesse lanciare un appello ad uno dei commercianti della Sanità vessati dai camorristi che gli impongono il pizzo, che cosa gli direbbe?
«Di avere fiducia. Di guardare al percorso fatto dai loro colleghi di Ercolano: lì dopo un anno avemmo una sola iscrizione, il secondo anno cinque e il terzo arrivarono in 100. Così sconfiggemmo la camorra, insieme. L'associazionismo antiracket è come il lievito, un lievito buono che fa crescere la fiducia».