Il timelapse infinito
dei cantieri di Napoli

di Adolfo Scotto di Luzio
Domenica 8 Settembre 2019, 09:10
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Qualche giorno fa, sul sito del Corriere della Sera, è comparso il video di un fotografo professionista che vive a Citylife, il centro residenziale edificato nell’area della vecchia Fiera campionaria di Milano. Dieci anni fa ha avuto un’idea, registrare la costruzione dei tre grattacieli progettati per il nuovo quartiere e di cui a breve si inaugurerà il «Curvo», 31 piani, 175 metri di altezza. È salito sul tetto di casa con una macchina fotografica dotata di temporizzatore, uno scatto ogni ora, per due anni. Poi ha presentato il lavoro alla direzione del cantiere. Entusiasti del risultato, costruttori e progettisti hanno deciso di finanziarne la prosecuzione. Il resto si vede sul sito del quotidiano milanese.

La documentazione di quello che si chiama stato di avanzamento lavori è fatta con una tecnica detta «timelapse» che porta a livelli di estrema raffinatezza il vecchio sogno della fotografia di farsi pittura del tempo e del movimento.

Guardare il video che alla fine è stato realizzato è molto istruttivo. Che cosa avrebbe documentato, infatti, un fotografo napoletano che avesse voluto fare la stessa cosa per uno dei tanti cantieri della città? Che so, tanto per fare un esempio, il più famigerato di tutti, quello di via Marina? O, per restare su di un terreno comparativo più appropriato, la ormai remota e incompiuta costruzione dell’ambiziosissimo centro direzionale a Poggioreale.

Parlo al passato, ma presente e futuro cambierebbero di molto il quadro?
Il confronto è particolarmente insidioso perché neutralizza molti dei fattori che di solito vengono evocati per spiegare e giustificare il divario napoletano, mancanza di fondi, carenza di lavoro, fuga di cervelli e così via. Qui le cose stanno diversamente. 

Dobbiamo immaginare due progetti, due linee di finanziamento già attivate, due consorzi di imprese, due cantieri. Si tratta solo di iniziare e di arrivare alla conclusione. Se dovessimo dire in due parole dove sta la differenza, ebbene il confronto tra Milano e Napoli si ridurrebbe a questa semplice constatazione: quello che a Milano comincia a Napoli non si sa quando finisce.

Ho detto semplice differenza, ma in realtà a pensarci bene per questa semplicità passano dimensioni decisive del funzionamento della metropoli contemporanea. Innanzitutto, la calcolabilità del tempo. Il timelapse del fotografo milanese non è altro, ridotto all’osso, che lo sfruttamento di un principio fondamentale del moderno: il tempo come estensione e la sua divisibilità. Ogni momento, un fotogramma; ogni fotogramma, un passo in direzione di un esito predeterminato. Se conosco il punto di arrivo, posso anche dire quanti passi devo fare per arrivare alla meta. Di conseguenza, quanto devo spendere e se mi conviene l’investimento.

Ma la calcolabilità del tempo non è solo denaro. Come ho detto, dimensioni fondamentali della razionalità entrano qui in gioco: progettazione, previsione, programmazione, tutte dimensioni intimamente connesse con il governo della comunità. C’è però un’altra cosa che non deve essere sottovalutata e che forse è ancora più rilevante. Riguarda la fiducia nel lavoro svolto in buona coscienza. Il video in sé non ha nessuna attendibilità. È il risultato di un intenso sforzo manipolativo. Migliaia di fotogrammi sono stati eliminati e solo i migliori conservati. Sui palazzi in costruzione splende sempre il sole, le immagini ovviamente sono sempre perfette, il cantiere è sempre all’ opera. Le riprese sono sociologicamente cieche. Non dicono nulla di eventuali tempi morti, interruzioni, avvicendamenti di imprese e così via. Una cosa però il video la mostra. Il quartiere sorge dinanzi agli occhi dello spettatore come una pianta che sbuca dalla terra. Con la stessa forza e con la stessa necessità. È, con tutta evidenza, un elemento ideologico (l’idea cioè che il sistema della comunicazione di massa accredita della città, il famoso modello Milano). Ma pure rappresenta un pilastro non trascurabile del consenso urbano: il lavoro ben fatto.

Non c’è niente di particolarmente bello nei tre grattacieli. C’è però una evidente esibizione della tecnica, che la perizia del fotografo celebra e a suo modo duplica per il tramite del pArticolare procedimento di ripresa adottato.

In fondo, il grande confronto tra le due maggiori città italiane, tra il Nord e il Sud che entrambe a stento ancora rappresentano, sta tutto qui, ancora: la fiducia nel lavoro, nella sua organizzazione tecnica, nel controllo e nella precisione del gesto, nello sforzo collettivo, che trasforma l’ambiente e soppianta con le sue meraviglie la spontaneità della natura. È oggi la grande questione aperta dinanzi alla coscienza dei napoletani. Il buon governo non è solo una buona amministrazione ma una casa ben ordinata, dove le virtù di tutti si riflettono in quelle di chi ne regge le sorti.
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