La sesta sezione della Suprema Corte di Cassazione ha deciso: per il giudice Enrico Caria scatteranno gli arresti domiciliari. Niente da fare, dunque, la misura cautelare sarà applicata sulla base della sentenza letta a mezzanotte di venerdì scorso dai consiglieri di piazza Cavour, che hanno deciso di accogliere solo in parte le doglianze degli avvocati difensori del magistrato della sezione fallimentare.
E così, negli anni in cui Enrico Caria ha rivestito il ruolo di giudice della sezione fallimentare del tribunale di Napoli Nord e poi di quello di Santa Maria Capua Vetere, avrebbe veicolato nomine di consulenze in cambio di favori. Una sorta di «caso Saguto» in salsa napoletana. Almeno in apparenza. In sintesi, i giudici hanno respinto il ricorso della Procura di Roma per quattro capi di imputazione, tra i quali anche la storia della compravendita della casa in via Tasso, accogliendo il ricorso della difesa di Caria, rappresentato dagli avvocati Francesco Barra Caraccio e Vincenzo Maiello; ma hanno ritenuto sussistenti i gravi indizi per due capi di imputazione: si tratta dei due incarichi di lavoro assegnati alla compagna del giudice da una società privata e dal professionista napoletano Alfredo Mazzei.
In sostanza, il giudice Caria avrebbe violato «i doveri di lealtà e imparzialità nell'esercizio delle funzioni di giudice delegato, tanto da consentire la conclusione che l'incarico presso la sezione fallimentare era per lui anche un canale di entrate integrative per mantenere un tenore di vita probabilmente superiore a quello che il magistrato avrebbe potuto permettersi facendo unicamente affidamento sulle sole fonti lecite di guadagno», almeno secondo quanto avevano scritto i giudici del Riesame di Roma.
Entro oggi, al massimo domani, saranno disposti per Caria gli arresti domiciliari in relazione ad alcuni episodi di corruzione. La procura di Roma, in verità, aveva anche chiesto l'applicazione di quattro misure interdittive per la durata di un anno nei confronti della sua compagna, l'avvocato Daniela D'Orsi, dell'architetto Giancarlo Piro Calise, del consulente Alessandro Colaci e del commissario giudiziale Alfredo Mazzei. Ma torniamo al caso principale. Concorde con il Riesame, la Cassazione rigetta il ricorso di Caria. Perché? La risposta la fornisce la motivazione del Riesame del gennaio scorso.
«È emersa una spiccata tendenza di Caria - si legge nel provvedimento dei magistrati romani - a chiedere e ad accettare favori e regalie dai professionisti con cui veniva in contatto, a dimostrazione del fatto che quella di ricevere utilità era per lui una vera e propria prassi, una consolidata modalità di esercizio del potere giurisdizionale». Evidenzia ancora il Riesame: «Più in generale si è riscontrata la tendenza dell'indagato (che doveva provvedere sia al mantenimento della ex moglie e dei due figli avuti con lei, sia del figlio avuto dalla nuova compagna e di quest'ultima, che negli ultimi anni non aveva dichiarato redditi molto consistenti) a intessere e mantenere una fitta rete di relazioni personali nell'ambito della quale, a prescindere dalla rilevanza penale delle condotte, si assiste ad una pericolosa confusione tra interessi personali e impiego di prerogative riconosciute in virtù del ruolo pubblico ricoperto».
Incarichi affidati alla compagna, giudice agli arresti domiciliari
di Marilù Musto
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Lunedì 1 Aprile 2019, 12:00 - Ultimo agg. :
16:12
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