Castellammare, l'ombra della camorra sul voto: sei politici nel mirino della Dda

Castellammare, l'ombra della camorra sul voto: sei politici nel mirino della Dda
di Dario Sautto
Giovedì 10 Giugno 2021, 23:37 - Ultimo agg. 11 Giugno, 19:35
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Sei nomi. Cinque consiglieri in carica e un candidato, che tra l’altro è stato due volte sindaco nella vicina Gragnano. Nell’inchiesta che ipotizza possibili ingerenze della camorra sulle elezioni del 2018 a Castellammare di Stabia ci sono i nomi di almeno sei politici, sui quali la Direzione distrettuale Antimafia di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta) ha chiesto ai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata di eseguire degli accertamenti. Un approfondimento che è tanto più necessario per fare chiarezza, ora che a Palazzo Farnese si è insediata la commissione d’accesso su indicazione del prefetto di Napoli, Marco Valentini. Non solo il caso dell’applauso al presidente del consiglio comunale Emanuele D’Apice, che durante il suo discorso dopo la nomina dello scorso 17 maggio elogiò il defunto papà Luigi, noto negli ambienti come Giggino ‘o ministro, condannato per concorso esterno al clan Cesarano e motivo dello scioglimento del Comune di Pompei nel 2001. L’inchiesta dell’Antimafia ipotizza un possibile inquinamento del voto da parte della camorra ma è da premettere che nessuno dei politici sui quali sono stati chiesti accertamenti risultano attualmente indagati.

Tutto trae spunto da alcune intercettazioni, già emerse lo scorso marzo, a margine dell’ondata di arresti per l’operazione «Domino bis».

Il boss Sergio Mosca era stato intercettato in auto con l’imprenditore Gerardo Delle Donne, papà di Anna, consigliera comunale di opposizione nella vicina Gragnano. Indagato a piede libero, ma allo stesso tempo vittima di estorsione da parte del clan D’Alessandro, Delle Donne chiedeva a Mosca di appoggiare un «candidato di Forza Italia», nella lista a supporto del sindaco Gaetano Cimmino. Quel candidato ora è stato identificato: si tratta di Michele Serrapica, due volte sindaco di Gragnano e tre anni fa risultato ultimo nella lista del partito di Berlusconi. In quel dialogo Mosca assicurò uno slot di voti a Delle Donne in favore di Serrapica: «Saranno solo quelli della famiglia stretta, altrimenti vedono numeri troppo alti e si insospettiscono». Serrapica chiuse con 99 preferenze. Possibili ingerenze dei clan D’Alessandro e Cesarano, però, vengono ipotizzate dalla Dda anche per quanto riguarda i consiglieri eletti a Palazzo Farnese. E questo in virtù di parentele più o meno vicine, più o meno influenti, con esponenti di spicco della camorra stabiese. E gli approfondimenti richiesta dall’Antimafia sono bipartisan. Ovviamente attenzione concentrata su D’Apice, per capire se il clan Cesarano possa aver apertamente appoggiato il figlio di un ex sodale, che durante la tornata elettorale fu più volte segnalato nei pressi del seggio di Ponte Persica, il rione roccaforte dei Cesarano. Nella maggioranza, però, è l’elezione di una donna a destare più sospetti sia per gli inquirenti che per la Prefettura. Il nome è quello di Barbara Di Maio, cognata di Paolo Carolei, elemento di spicco del clan D’Alessandro, attualmente detenuto al 41 bis, ma anche di Michele e Raffaele Carolei, entrambi arrestati nella maxi inchiesta «Olimpo» e tuttora a processo poiché accusati di aver imposto l’assunzione di un loro familiare in un supermercato, facendo leva proprio sulla caratura criminale del più noto fratello. Secondo l’Antimafia non è escluso che la stessa parentela con Paolo Carolei possa essere stata utilizzata per fare incetta di voti alle passate elezioni in favore della Di Maio.

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Altri due nomi – un in maggioranza, uno all’opposizione – sono al vaglio per la parentele con i boss di camorra. Innanzitutto Annamaria De Simone, cugina di Teresa Martone, la vedova del boss Michele D’Alessandro, consigliera in supporto del sindaco Cimmino. E poi Eutalia Esposito, esponente di centrosinistra, primaria di ginecologia all’ospedale San Leonardo di Castellammare, a sua volta cugina di uno del boss Cesarano. Anche su loro due l’Antimafia ha chiesto approfondimenti. Infine, sempre all’opposizione spunta il nome di Giovanni Nastelli: suo fratello Carlo è stato consigliere di maggioranza all’epoca dell’omicidio di Gino Tommasino ed è più volte menzionato dai collaboratori di giustizia come uno dei politici che portavano informazioni sugli appalti al clan D’Alessandro. 

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