Industriali, le dimissioni di Lettieri:
«C'è una gestione troppo divisiva»

Industriali, le dimissioni di Lettieri: «C'è una gestione troppo divisiva»
di Luigi Roano
Martedì 22 Febbraio 2022, 06:30 - Ultimo agg. 17:52
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Gianni Lettieri - patron di Atitech - perché si è dimesso dall’Unione Industriali lei che è anche un ex presidente? 
«La decisione di lasciare Confindustria Napoli non è contro le persone, che sono, nei propri ambiti sicuramente bravi, ma non mi riconosco nell’attuale modello che l’Unione Industriali di Napoli si è ritagliata».

C’è chi sostiene che le polemiche che hanno coinvolto Ambrogio Prezioso - dimessosi pure lui - e la sua associazione Est (ra) Moenia abbiano influito sulla sua decisione.
«Non entro nella polemica su Est(ra)Moenia tra Prezioso e il presidente Maurizio Manfellotto. Ma è chiaro a tutti che ciò che è accaduto va oltre la naturale missione dell’Unione, è come se ci fosse stata lesa maestà su alcuni argomenti che invece devono essere interesse di tutti: ben vengano studi e progetti, ne abbiamo un bisogno disperato poi si sceglieranno i migliori, ma basta chiacchiere».

Perché parla di “lesa maestà”?
«I provvedimenti presi su alcune persone, per esempio il vicepresidente Francesco Tavassi e altri, sono a dir poco discutibili, mai visti prima. È chiara l’inesperienza dell’attuale presidente il cui obiettivo e comportamento dovrebbe essere inclusivo e non divisivo, e se ci sono divergenze si discute negli organi preposti per trovare soluzioni, nell’interesse di tutti.

Parliamoci chiaro, all’esterno si ha la sensazione che il metodo usato per sopprimere il confronto utilizzando il regolamento in maniera rigida per gli avversari e flessibile per i sodali stia creando malcontento nella base associativa, non è una bella cosa». 

La sua è un’accusa grave.
«Gli associati non capiscono. Vogliono solo che si curino i propri interessi, che il presidente li aiuti a superare il difficile momento, che abbia l’autorevolezza per discutere - e non litigare - con le Istituzioni del caro energia, di vivibilità, criminalità, burocrazia, banche. Con la mia presidenza, ad esempio, nel 2008, piena crisi finanziaria, ci inventammo la moratoria delle rate di mutuo per due anni, portata poi da Confindustria nazionale attraverso Enzo Boccia in tutta Italia: ha salvato tante aziende».

Tuttavia Manfellotto rivendica legittimi risultati: più associati, più quote e più servizi. È tutto nero su bianco e approvato dall’Unione.
«Purtroppo per questo modo di fare l’Unione si è ridotta ad un lumicino, molte aziende sono andate via, anche importanti, sono lontani i tempi che la vedevano protagonista in Città, guida regionale e faro del mezzogiorno di Confindustria nazionale. Si fa una gestione impropria dell’Associazione». 

Ma cosa ha in mano per fare simili asserzioni? Altrimenti come dice lei sono “solo chiacchiere”. 
«Non sto colpevolizzando nessuno, è un dato di fatto, anzi devo dire che il direttore Francesco Benucci sta lavorando molto per recuperare iscritti, efficienza e cassa, ma il direttore ha bisogno di un presidente che gli faccia da guida politica, con autonomia e autorevolezza, per raggiungere buoni risultati».

Riferendosi a Jannotti Pecci candidato alla presidenza - si vota a maggio - dice che avrebbe preferito un “manifatturiero”. Ma Jannotti Pecci ha gli alberghi, è nell’industria del turismo, delle acque minerali, delle terme, insomma è un nome pesante dell’industria meridionale. 
«Come ho già detto niente di personale, ritengo che il presidente degli Industriali debba essere appunto un industriale, non può essere un manager se non per particolari momenti, né può essere un albergatore, con tutto il rispetto e la stima per Jannotti Pecci che nel suo settore è bravo. Ma ci sono le associazioni di categoria. Tra l’altro negli anni è stato presidente di Benevento, di Federterme per 15 anni rispetto ai 4 di norma, per poi farsi nominare presidente onorario di Federturismo, di Confindustria Campania. Per amor del cielo è bravo, ma possibile non vi siano altri imprenditori che possano assolvere a un ruolo di rappresentanza? Questa è la mia idea, a chi sta bene una soluzione di questo tipo rimarrà associato versando i contributi. Per quanto mi riguarda, siccome non possiamo sempre fare guerre, preferisco lasciare Napoli e rimanere iscritto altrove».

Le guerre sono sempre brutte, perdono tutti. Ma è dall’interno che si lotta per il rinnovamento. Lei invece lascia... 
«Ma le pare possibile che ci possa essere un candidato unico, a 4 mesi dalle elezioni? Allora due sono le possibilità: la prima, a cui non voglio credere, è che è stato organizzato tutto anche con grande tempestività per precludere la strada a qualsiasi altro aspirante. La seconda - se possibile - ancora più grave è che non ci sono candidati perché non c’è interesse».  

Magari un passo indietro di chi è da sempre nell’Unione potrebbe alimentare una nuova discussione non crede?
«È chiaro che per uno come me, che ha dedicato a Confindustria tempo e impegno in diverse posizioni, di presidente per 10 anni - 4 ad Avellino e 6 a Napoli - e di responsabilità sul Nazionale, si tratta di un passo difficile e meditato. L’augurio è che possa contribuire ad alimentare una discussione costruttiva sul ruolo dell’associazione, il suo metodo di lavoro, il coinvolgimento degli iscritti e delle varie anime che la compongono. Lo diciamo nei convegni, dovremmo praticarlo nei fatti: non è tempo di derive autoritarie ma di confronto e inclusione».

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