Infiltrazioni mafiose ad Arzano il Comune sciolto alla vigilia del voto

Infiltrazioni mafiose ad Arzano il Comune sciolto alla vigilia del voto
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 22 Maggio 2019, 07:41 - Ultimo agg. 16:31
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Sul balcone al primo piano del grande palazzo municipale in piazza Cimmino, lo striscione è stato rimosso a fine marzo. «La camorra ci fa schifo» diceva. È stato il commissario straordinario, Maria Pia de Rosa, in carica dal 22 febbraio, a farlo togliere. «Per equidistanza istituzionale dalle forze politiche» spiega. Uno striscione che ha resistito poco più di un anno e mezzo, da quando si era insediata l'amministrazione guidata dalla dirigente scolastica Fiorella Esposito appoggiata dal movimento Dema del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Estromessa a febbraio per le dimissioni di tredici consiglieri comunali su 24, il sindaco uscente si preparava al suo secondo appuntamento elettorale. È arrivata prima la mazzata del terzo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, deciso due giorni fa dal consiglio dei ministri.

«È uno schiaffo della compagine governativa gialloverde all'intero territorio» commenta a caldo Fiorella Esposito, che si era ricandidata con l'appoggio di tre liste tra cui quella di Dema. E aggiunge: «Il Comune veniva da un precedente scioglimento e ho trovato l'ente in condizioni disastrose. Pensi che la prima settimana la Telecom ci staccò i telefoni e i collegamenti Internet perché non erano state pagate le fatture. Lo scioglimento non serve a nulla, se non si mette poi la politica in condizione di rimediare ai guasti. Se c'è lo stesso apparato burocratico, con carenze di organico e limiti qualitativi, se non si può spostare chi compariva nelle relazioni, a cosa serve uno scioglimento».
 
Concetti che Fiorella Esposito aveva già espresso, il mese dopo l'insediamento, alla commissione parlamentare antimafia. Un Comune con 74 dipendenti rispetto ad un organico previsto di 260, difficoltà sui controlli nei settori a maggior rischio poi monitorati dalla commissione d'accesso al lavoro da gennaio: il commercio, l'urbanistica con gli immobili abusivi e quelli di edilizia popolare, le pompe funebri. Materie che, come mai in passato, si sono attirate un fuoco di fila di ben sei interrogazioni parlamentari in un anno e mezzo. Da Antonio Iannone di Fdi a Bartolomeo Pepe di Gal-Udc fino a Michele Giarrusso di M5s l'attenzione su Arzano è stata intensa. Preparando il terreno alla terza commissione d'accesso, guidata dal prefetto Carolina Iovino.
«La verità è che l'amministrazione del cambiamento ha fallito - dice Gennaro De Mare, professore che si era ricandidato a sindaco dopo essere stato battuto al ballottaggio nel 2017 -. In poco meno di due anni, ci sono stati tre rimpasti di giunta, poi una serie di rimozioni di dirigenti all'urbanistica e in altri settori. Hanno gestito male l'emergenza rifiuti e in tante cose non sono intervenuti, come sul campo sportivo rimasto chiuso, o l'isola ecologica mai riaperta. Lo scioglimento è una sconfitta e una nuova umiliazione per Arzano».
SPAZZATURA E DINTORNI
I cumuli di monnezza sono ovunque. Il consorzio Gema, subentrato a febbraio alla ditta Senesi, fa quel che può. Mentre i dipendenti della Senesi protestano in piazza Cimmino, reclamando i loro stipendi arretrati, da via Napoli a via Pecchia fino a via Silone le montagnelle di monnezza aumentano. «Un naufragio l'amministrazione uscente» dice il segretario della locale sezione Pd, Salvatore Borreale, che aveva appoggiato la candidatura De Mare. Ma il ricordo del 2014 è ancora fresco, con il sindaco di centrodestra, Giuseppe Fuschino, rimosso allora e un suo collaboratore coinvolto in una storia di licenze edilizie date a una società dai contatti pericolosi. Uno scioglimento, anche in quel caso, anticipato dalle dimissioni in massa di 18 consiglieri comunali. Anche allora saltarono le elezioni del maggio 2015. Proprio come stavolta. Sette anni prima era toccato al sindaco del Pd, Nicola De Mare, subire il primo scioglimento. Erano anni roventi, con il presidente del Consiglio comunale, Elpidio Capasso dell'Idv, che si vide esplodere una bomba sotto casa. E in città si sussurrano le voci sul lavoro della commissione d'accesso, che si sarebbe occupata dell'agenzia di pompe funebri ritenuta vicina al clan Ferone, risultata a posto dai controlli della polizia locale e invece scoperta senza alcuni permessi dai carabinieri. O, ancora, delle segnalazioni sul famigerato rione 167 in via Colombo. Una delle tante enclave provinciali della camorra, con tanto di abusi edilizi, case popolari occupate da amici o da subaffittuari dei clan Amato-Pagano. Un bunker, dove le occupazioni delle case sarebbero gestite dalla camorra, con il crescente «gruppo della 167». Lo guidava il giovane Giuseppe Monfregola, arrestato qualche giorno fa. Ma ci sono i suoi reggenti.
I CLAN
«Una situazione difficile, con attività taglieggiate ovunque e poca possibilità di controlli sulle nuove iniziative commerciali» spiega Fiorella Esposito. La sua amministrazione ha cercato di fare luce sull'ufficio tributi, dove ha trovato il 60 per cento di mancati introiti, e l'ufficio urbanistica. Ci sono in ballo recuperi di edifici in disuso, come l'ex fabbrica Campanile, al centro di sospette speculazioni monitorate già due anni fa. «Ha peccato di inesperienza» dice Gennaro De Mare. E lei, il sindaco uscente che era pronta a riprovarci con entusiasmo con lo slogan «Fiorella c'è» conclude sconfortata: «Gli scioglimenti non servono a nulla, se i commissariamenti non creano le condizioni, amministrative e burocratiche, per risanare le macchine comunali».
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