Inflazione, volano i prezzi della spesa a Napoli: su pane, pasta e caffè rincari del 30 per cento

Inflazione, volano i prezzi della spesa a Napoli: su pane, pasta e caffè rincari del 30 per cento
di Valerio Iuliano
Venerdì 28 Gennaio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:56
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I prezzi volano, gli effetti dell'inflazione si fanno sentire anche nel carrello della spesa e per i consumatori il costo della vita si avvia a diventare progressivamente insostenibile. Il combinato disposto tra caro-energia e difficoltà di reperimento delle materie prime sta determinando conseguenze gravi nei settori industriali più energivori - siderurgia e chimica in primis -, ma anche nell'agroalimentare le ricadute sui prezzi dei prodotti sono enormi. Pure il settore di punta dell'economia locale - il solo ad aver aumentato i livelli di export anche nel 2020 - comincia a risentire delle congiunture internazionali.

La spesa al supermercato a Napoli, come nelle altre città, presuppone costi sconosciuti fino a un anno fa. Il discorso vale soprattutto per i prodotti di prima necessità come pane e pasta, in cui il costo della materia prima è lievitato incredibilmente nel giro di pochi mesi. Il prezzo del pane nella Gdo - secondo i produttori - è aumentato del 30% in un anno. Da 2 euro a 2,50 euro. I panificatori lamentano da mesi il rincaro insostenibile del costo del grano e di quello della farina. Secondo uno studio Coldiretti, proprio i produttori di grano sono i più colpiti dalla congiuntura economica. I rincari della bolletta energetica li hanno costretti a spendere 400 euro in più per ogni ettaro coltivato, dalla semina alla mietitura. Le coltivazioni di grano - spiegano i produttori - sono sempre più scarse e il prezzo sale. Analogo discorso per la farina, che nel giro di un anno è aumentata del 7%. Quello che riguarda il pane è solo un esempio di quanto il prezzo delle materie prime arrivi a incidere in modo determinante sul costo del cibo che arriva sulle nostre tavole. Ma la situazione è la stessa per la pasta, il cui costo è cresciuto del 30-40% in pochi mesi. E i produttori annunciano ulteriori aumenti nei prossimi mesi. Per altri prodotti, come la passata di pomodoro, gli aumenti sono stati più contenuti. Tuttavia il rincaro della banda stagnata ha determinato, comunque, un incremento del prodotto finale del 10%. Rincari anche per l'olio e il caffè del 15%.

Per l'industria alimentare, si prospetta un vero e proprio rischio paralisi. Molte aziende, denunciano Alleanza Cooperative Agroalimentari e Federalimentare, «stanno valutando il blocco di alcune linee di attività e, nei casi di maggiore difficoltà, la chiusura degli impianti di trasformazione, col rischio di drammatiche conseguenze sociali e occupazionali». 

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Ai rincari di energia elettrica passata in media dai 45 euro a 300 euro per megawatt e il gas che da 0,17 euro al metrocubo è arrivato a 1,30 euro, si aggiungono quelli delle materie prime e degli imballaggi. «Si va dall'incremento del 31 per cento del cartone - spiega Federalimentare - a quello del 60% della banda stagnata, fino al 72% della plastica per agroalimentare». Ma uno dei fattori principali è quello dei container e dei noli marittimi, con un'impennata del 400%. «La struttura oligopolistica dei trasporti marittimi - segnala l'Ufficio studi Confindustria - con pochi grandi operatori che controllano la gran parte dell'attività mondiale e tendono a frenare l'offerta per sostenere i prezzi», unita alle chiusure di molti porti, a causa della pandemia, hanno fatto sì che i prodotti via mare diventassero troppo costosi per le nostre industrie. Le aziende campane si trovano, quindi, di fronte ad una combinazione straordinaria di elementi negativi. «La situazione è grave - sottolinea Gaetano Torrente, presidente della Sezione Filiera Alimentare dell'Unione Industriali Napoli - con aumenti, come quello del gas, che arrivano fino al 400 per cento. Non riusciamo più ad assorbire i margini come parte industriale. Il prezzo delle materie prime è talmente elevato che, in certe casi, alcune aziende devono decidere se proseguire o meno la produzione. Ci aspettiamo soluzioni strutturali dal governo». Le imprese - spiega ancora Confindustria - «hanno ridotto i propri margini per mantenere i prezzi al consumo bassi». Ma il pericolo è di non poterlo fare ancora a lungo. A rischiare, in ultima analisi, sono soprattutto le piccole e medie imprese, come segnala Pasquale Lampugnale: «L'impatto del costo dell'energia - sottolinea - è molto importante sul prodotto finito. E questo riguarda tutti, famiglie e imprese. Siamo esposti a questioni geopolitiche, come nel caso del gas. Dobbiamo capire quanto dureranno questi fenomeni. Se diventano strutturali, i problemi aumentano. È una situazione molto seria». 

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